Ferrara, 30 settembre 2010 - UNA MOSTRA al posto (o in attesa?) di un museo che ospiti la sua importante collezione d’arte? Per Vittorio Sgarbi non se ne parla affatto. Il tempo di leggere sul Carlino di ieri la proposta ‘mediatrice’ avanzata dall’onorevole Dario Franceschini e il critico d’arte è già pronto per tuonare una decisa bocciatura all’idea del capogruppo Pd alla Camera, amico di lunga data del critico d’arte, nonché autore pubblicato dalla Bompiani, di cui è direttore editoriale Elisabetta Sgarbi.

«Ringrazio Franceschini» premette Sgarbi, prima di articolare in ben sessanta minuti di telefonata tutti i motivi per cui, afferma, «non sono vere le argomentazioni addotte dagli amministratori ferraresi per rifiutare di ospitare le mie opere in Castello».

SGARBI usa toni accesi e non mancano le parole forti, come è facile immaginare, eppure si dice (è in effetti lo sembra) «sereno». A farsi dire, però, che il Castello non è adatto, che l’operazione sarebbe troppo costosa anche perché servirebbero interventi strutturali come, ad esempio, un impianto di climatizzazione («da sempre i quadri stanno nelle chiese»), il consulente del ministro dei Beni Culturali non ci sta.

«Che tutto ciò è falso ne sono sicuro sia come tecnico, sia come amministratore» afferma, sottolineando più volte i vari ruoli ed incarichi ricoperti nella sua carriera. Compresi gli attuali: sovrintendente a Venezia (solo per ricordarne uno) da un lato e sindaco di Salemi dall’altro. Proprio a Salemi, ricorda, vanta il merito di aver «allestito tre musei didattici (sulla mafia, sul paesaggio e sul Risorgimento) con meno di 100mila euro». E lo dice per provare che quella dei soldi che mancano «è solo una scusa».

MA PERCHÈ? «Perché la collezione d’arte di cui si discute è la mia e per questi signori di Ferrara il problema sono io: troppo ingombrante per loro. Solo il sindaco di Ro Parisini si era offerto di mettere sul piatto 100mila euro se la cosa fosse andata in porto».
Sovrintendente e sindaco oggi, sottosegretario nel 2001, quando l’allora presidente della Provincia Giorgio Dall’Acqua, racconta, gli scrisse «per chiedere un aiuto a trasferire la Pinacoteca da palazzo dei Diamanti al Castello».

«Io che amavo Ferrara come la amo oggi — rievoca Sgarbi — gli dissi che potevo pensarci, ma non feci in tempo a fare una riflessione compiuta che di lì a poco terminò il mio mandato. Di lì, qualche anno dopo, l’idea di riempire il Castello con le mie opere. Se era adatto per i quadri della Pinacoteca, perché non può esserlo per i miei?».