Ferrara, 6 marzo 2014 - CERCAVANO una ‘casa’, hanno trovato una reggia, anzi la Reggia d’Italia. Quaranta capolavori della Galleria Estense di Modena, tuttora chiusa a seguito del terremoto, sono il ‘cuore’ della grande mostra che la Venaria Reale, presso Torino, dedica a “Gli Este. Rinascimento e Barocco a Ferrara e Modena”.

Proprio come è accaduto per la “Ragazza” di Vermeer, che è a Bologna perché il ‘suo’ Mauritshuis a L’Aja ha chiuso per lavori, così i tesori dei duchi trascorreranno una ‘vacanza’ in una cornice straordinaria, e si uniranno ad altre cinquanta opere di ascendenza estense, concesse anche dai musei di Dresda, Cracovia e Vaduz. Curata da Stefano Casciu, soprintendente ai beni artistici di Modena e Reggio, la mostra sarà aperta nelle Sale delle Arti della reggia sabauda da sabato fino al 6 luglio.

«QUESTA mostra apre una ‘collana’ che vogliamo dedicare alle grandi corti, centri di mecenatismo e collezionismo, che hanno reso l’Italia uno dei Paesi più belli», ha spiegato Alberto Vanelli, direttore della Venaria Reale, presentando l’evento a Bologna, alla Soprintendenza ai beni architettonici. La prima tappa del progetto è stata dedicata proprio agli Estensi, «per far scoprire ancor di più l’eccellenza del loro patrimonio». Peraltro la temporanea chiusura della pinacoteca modenese ha consentito di trasferire a Torino un nucleo fondamentale di opere: «Altrimenti non avremmo mai potuto farlo», ammette il direttore Davide Gasparotto. «Per la prima volta in una mostra — sottolinea il soprintendente Casciu —, il percorso artistico della famiglia estense viene seguito attraverso i due secoli che vedono il passaggio dall’antica capitale Ferrara alla nuova Modena, nel 1598».

IN UNA scenografia sui toni del blu, le nove sezioni vanno in parallelo con la genealogia estense, partendo con l’eredità del Quattrocento ferrarese e lo splendido Sant’Antonio di Cosmé Tura. All’età di Alfonso I (1505 - 34) risalgono i rombi dipinti da Dosso Dossi per le stanze private che il duca si fece allestire nella ‘via coperta’ al castello di Ferrara: di Dosso ammiriamo anche la Maga Melissa (dalla Galleria Borghese di Roma), che testimonia il rapporto con l’Ariosto. L’epoca di Ercole II (1534 - 59) è illuminata dalle opere delle ‘stanzie nove’ del castello ferrarese, perle di Garofalo e del Bastianino, le memorie della camera della Pazienza. Con Alfonso II, poi, Ferrara fu insigne centro letterario e musicale, e per i ‘concerti delle dame principalissime’ di Laura Peperara fu realizzata anche la celebre Arpa Estense (che ricordiamo effigiata anche sulle banconote da mille lire).

I dipinti di Ludovico e Annibale Carracci accompagnano il passaggio della corte a Modena. Nel 1610 iniziò poi il regno fastoso di Francesco I, ritratto da Velazquez in un dipinto - icona: opere di Guercino, Guido Reni, Jean Boulanger sono emblemi di questa stagione di magnificenza. Anche se poi nel 1746 il duca Francesco III dovette cedere cento capolavori ad Augusto III di Polonia, in cambio di centomila zecchini: fu la ‘vendita di Dresda’, e dalla Gemäldegalerie tedesca tornano un Garofalo e uno Scarsellino. L’ultima sezione è dedicata al terremoto in Emilia: in un gemellaggio solidale, il Centro di restauro della Venaria ha ‘curato’ due opere (di Sante Peranda e Annibale Castelli), salvate dal crollo della chiesa di San Francesco a Mirandola. I colori della speranza.

Stefano Marchetti