Dona Gracia, la señora che difese gli ebrei alla corte degli Estensi

Ritratto di una grande del ’500 ferrarese

Grazia Nasi, alias Beatriz de Luna, fu una delle donne ebree più ricche del ’900

Grazia Nasi, alias Beatriz de Luna, fu una delle donne ebree più ricche del ’900

Ferrara, 12 settembre 2014 - Donne ed ebraismo, femminilità e Bibbia: un tema gravido di riflessioni, anche per l’attualità. Si potrebbe parlare delle Matriarche (Sara, Rebecca, Rachele e Lea), del commovente incontro tra Noemì e Ruth, dell’eroica profetessa Deborah, della struggente preghiera di Anna: tutte storie raccontate nella Bibbia, troppo spesso colpevolmente ignota agli italiani. Tuttavia, per le strade di Ferrara, negli anni 50 del XVI secolo, passeggiava un’eccezionale donna ebrea, di cui vale la pena raccontare l’avventura, Doña Gracia Nasì (Mendes), nota all’Inquisizione come Beatrice da Luna, nata a Lisbona nel 1510. Figlia di ebrei portoghesi convertiti con la forza al Cattolicesimo, fu sempre intimamente legata alla religione avita.

Morto il marito, si traferì ad Anversa con la figlia Reyna, la sorella e il nipote per ricongiungersi con il cognato e per fare pubblico ritorno all’ebraismo. Poco dopo, Doña Gracia rispose orgogliosamente alla regina di Olanda che avrebbe preferito veder la figlia morta, piuttosto che sposata con uomini della famiglia reale o della corte. Riparò così con la famiglia a Venezia (1545), ove fu imprigionata dalle autorità veneziane e poi rilasciata. Il nipote Yoseph Nasì nel frattempo sposò la bella Reyna, si trasferì a Costantinopoli, divenendo l’uomo più potente dell’impero. Si vendicò della Spagna, scatenando una rivolta in Olanda, e ripagò la Serenissima delle angherie subite, facendo divampare una guerra in cui i veneziani persero il dominio di Cipro. In particolare, d’intesa con Sulimano il Magnifico, ricreò importanti centri ebraici in Terra di Israele, incrementandovi il ritorno massiccio degli ebrei, specie in Galilea e a Tiberiade, all’epoca in rovina.

Nel frattempo la zia e suocera Doña Gracia si era trasferita a Ferrara, ove si spese per aiutare i profughi ebrei di Spagna e Portogallo. Ferrara era difatti una città che accoglieva i marrani in fuga, potendo contare sulla benevolenza degli Estensi. Sempre a Ferrara, Doña Gracia patrocinò nel 1553 un’edizione spagnola della Bibbia. I Papi avevano frattanto concesso nella vicina Ancona, all’epoca sotto il governo pontificio, agli esuli ebrei portoghesi di stabilirvisi già sotto il pontificato di Clemente VII, con ratifiche successive di Paolo III e di Giulio III. Tutto questo rese florida la comunità anconetana, tuttavia nel 1555 ascese al soglio pontificio l’implacabile cardinale Carafa, papa Paolo IV, inventore dei ghetti, sicché il 30 aprile 1556 vennero revocati i provvedimenti di protezione e iniziarono le persecuzioni. Doña Gracia nel 1552 aveva abbandonato Ferrara poiché l’opinione pubblica obbligò, contestualmente alla pestilenza di quell’anno, il duca a espellere tutti gli ebrei. Rifugiatasi a Venezia, fu nuovamente incarcerata, perché ricercata dall’Inquisizione, e poi rilasciata. Giunta infine a Costantinopoli alla corte di Sulimano il Magnifico, lo convinse a scrivere una lettera sdegnata al papa (9 marzo 1556) in cui protestava per tanta inumanità. Ciononostante, ad Ancona, nella primavera di quello stesso anno, furono arsi vivi 24 uomini e 1 donna. La reazione di Doña Gracia non si fece attendere: organizzò un boicottaggio internazionale del porto anconetano che durò circa un anno, trasferendo i traffici verso il Levante nel porto di Pesaro, ovvero in un altro Stato, sotto il dominio urbinate.

Nel frattempo la flotta ottomana, su richiesta di Doña Gracia, mise sotto embargo il porto pontificio. Doña Gracia probabilmente morì in Turchia o in Terra di Israele, ove è sepolta, nel 1569. In tempi più vicini a noi, un’altra straordinaria donna ebrea sefardita, con ascendenze italiane, fu la poetessa americana Emma Lazarus, amica e corrispondente di Ralph Waldo Emerson, recentemente fatta riscoprire da Giuseppe Laras nel suo importante saggio ‘Ricordati dei giorni del mondo’, la prima completa storia del pensiero ebraico apparsa in Italia (ed. EDB). Celebre per aver composto il significativo sonetto scolpito sul basamento della Statua della Libertà, E. Lazarus anticipò con grande originalità e lucidità le teorie sioniste di T. Herzl, sostenendo fattivamente il ritorno degli ebrei in Terra di Israele. Eccoci restituiti frammenti illuminanti, troppo spesso ignorati, della storia dell’ebraismo, dell’Italia e delle donne. Sovviene inoltre che la prima donna laureata al mondo fu, nel XVII secolo, proprio la nobildonna cattolica Elena Lucretia Cornaro Piscopia. Tanto basti per invitare alcuni a moderare attacchi indebiti a ebraismo e cristianesimo in relazione alla questione femminile, anche se problemi e cattive interpretazioni e pratiche, anche gravi e drammatiche, ve ne furono e, forse, ancora ve ne sono. Stupiscono, però, quei benpensanti da salotto e quelle femministe, solleciti entrambi ad adirarsi contro ebraismo e cristianesimo, al contempo clamorosamente silenti di fronte all’infibulazione obbligatoria ratificata dall’Isis assieme alla pubblica vendita delle donne cristiane e yazide come schiave! Diceva bene Orwell che tutti sono uguali, alcuni tuttavia più di altri.