Non bastano le fiaccolate

Ferrara, 22 novembre 2015 - Sono una bella cosa e fanno piacere le manifestazioni organizzate dai musulmani ferraresi per prendere le distanze dalla violenza barbarica dei terroristi dell’Isis e riaffermare la distanza che c’è tra la religione alla quale sono stati educati, e che praticano liberamente nel nostro Paese, e i proclami pieni di odio dei seguaci del sedicente califfo al-Baghdadi. Sono una bella cosa, fanno bene alla convivenza civile e dimostrano che la comunità islamica locale non solo non subisce il fascino di quei sinistri richiami ma li condanna apertamente («Quella gente – ha detto venerdì l’imam del centro di cultura islamica di via Oroboni Zaheer Iqbal – non ha nè cuore nè cervello»). Tuttavia, se queste prese di distanza, le fiaccolate e le parole di pace servono a tranquillizzare noi occidentali, sono insufficienti .

 No, non basta una fiaccolata per cancellare un dato di fatto, che fa male prima di tutto ai tanti bravi musulmani che vivono nel mondo. E cioè che quei pazzi dell’Isis uccidono, sgozzano e deturpano monumenti patrimonio dell’Umanità invocando «Allah» e citando sure del Corano. Perché se è vero, come è vero, che nel testo sacro dell’Islam ci sono passaggi molto belli sull’amore e la pace, è altrettanto vero che ve ne sono altri di ben altro tenore. «Anche la Bibbia è piena di violenza», obietterà qualcuno. Vero. Ma per fortuna oggi la tradizione cristiana, grazie ad un cammino lungo secoli, ha interpretato il testo disarmandolo e, parimenti, da sempre ha fatto altrettanto la tradizione ebraica. Passaggio che non possiamo dire sia stato compiuto ad oggi, o almeno non compiutamente, in larga parte del mondo islamico (vogliamo parlare di Arabia Saudita e Iran?) e da molte delle sue massime autorità interpretative.

Peraltro, la violenza biblica si riferiva a realtà che oggi non esistono più mentre ai dhimmi (ebrei, cristiani e non solo) la tradizione coranica e la Sharia riservano tutt’oggi uno statuto di sottomissione, sospeso tra persecuzione e protezione. Basta chiedere ai cristiani o agli yazidi uccisi, violentati, cacciati da Ninive (dove vivevano da secoli) e dimenticati da tutti. O agli armeni (anche se questa è un’altra storia). Gli stessi imam francesi hanno ammesso: «Non basta dire ‘not in my name’: basta fare gli struzzi. Ogni leader religioso deve prendersi la propria responsabilità». A noi occidentali commuovono tanto le fiaccolate ma ignorare questi e altri aspetti non è intellettualmente onesto e non serve a gettare le basi per una convivenza basata su diritti, doveri, rispetto reciproco e reciprocità (provate a costruire una chiesa in terra d’Islam, poi ne riparliamo). Serve solo a farci sentire tutti buoni e uniti.