Picchiato dai ladri, il barista: "Ma mi sono difeso con la spranga"

Paura a Gavello di Bondeno. Alla fine i malviventi sono scappati VIDEO L'aggressione

Hristea Popa, titolare del locale

Hristea Popa, titolare del locale

Bondeno (Ferrara), 17 dicembre 2015 - Rapina (video) con un ferito. E’ il titolare, che non ci sta e si ribella. Adesso ha cinque punti sopra all’occhio, dodici punti al braccio sinistro e una prognosi di dodici giorni. Sono cinque rumeni, contro un rumeno. E’ successo ieri notte a Gavello di Bondeno, al bar Laura. Erano le 3.17. La situazione è concitata. Scatta l’allarme del bar e suona il cellulare di Hristea Popa, 35 anni, rumeno. E’ il titolare del locale che abita a pochi metri. Popa esce di casa, vede un furgone blu, lo riconosce. Il furgone è acceso, con il baule aperto. Appartiene a Maurizio Calzolari, che conosce bene ma che non può essere li a quell’ora perché abita altrove.

Prende una spranga di ferro, la prima che gli capita sottomano. Corre. Arriva al suo bar. La serranda è divelta. Vicino a quel furgone, rubato ad un mobilificio che si trova a qualche centinaio di metri, c’è un uomo incappucciato. Ha una sciarpa sul volto e il berretto sul viso. E’ il palo. Hristea Popa gli chiede cosa stia facendo. La risposta è un grido. In lingua rumena. Il rapinatore urla: «Dai andiamo». E Hristea Popa capisce. In fondo parlano la sua stessa lingua. Popa colpisce il rapinatore, forse alla testa, con quella spranga di ferro che tiene stretta nella mano. Deve difendere il lavoro di tutti i giorni, quello che gli serve per mantenere la sua famiglia, la moglie e i bambini che lo aspettano a casa.

Il rapinatore non cade, tiene duro e chiama gli altri. Continua a chiamare e arrivano. Ad uno ad uno escono dalla porta. Incappucciati, coperti in viso, armati. Sono cinque. In mano hanno di certo le spranghe e il piede di porco che è servito loro per aprire quella serranda ed entrare nel locale a rubare. Colpiscono il titolare. Ripetutamente. Prima sull’occhio, poi sul braccio. Il piede di porco ha arcigni taglienti. Lo feriscono al braccio, al viso. E scappano. Lontano. Abbandonano il furgone. Forse c’è un sesto complice che li aspetta poco lontano. Hristea Popa ha il volto coperto di sangue. Ma resta in piedi. Non cade. E chiama i carabinieri. Viene caricato sull’ambulanza e portato all’ospedale di Cona. Ora il paese è piuttosto in ansia e già qualcuno pensa di organizzare qualche ‘ronda’ dai da te.

Hristea Popa ha 35 anni, una laurea in industria alimentare conseguita nel suo paese. E’ rumeno. E’ in Italia da sette anni. E’ il titolare del bar Laura, a Gavello.

Ha avuto paura?

«Non ho più paura. Mi alzo alla mattina alle 5 e ritorno a casa a mezzanotte. Per mantenere la mia famiglia e per dare ai miei figli un futuro migliore di quello che stiamo vivendo adesso. Lo faccio onestamente. Lavorando sodo. E non gestisco un bar nel centro del Milano dove i clienti si moltiplicano. Ma a Gavello, con 800 abitanti e pochi clienti. E’ tutto quello che ho. Devo difenderlo. Ma soprattutto ho l’onestà. Che appartiene a molta gente che viene dal mio paese, la Romania. Non di certo a quelli che rubano, che fanno del male, che danneggiano l’Italia ma anche lo stesso paese dal quale veniamo e rappresentano una vergogna per tutti».

Come si è accorto di quello che stava succedendo?

«Con il cellulare. Squilla quando scatta l’allarme. Quattro mesi avevano già provato ad entrare e non c’erano riusciti. Sono uscito di casa. Ho visto quel furgone che non poteva essere li a quell’ora. E sono corso. Da quando ho avuto il primo tentativo di furto, un’anziana signora del paese mi ha regalato un mattarello di legno che usiamo per fare i pincini fritti. Ieri sera non l’ho portato a casa con me».

Cosa ha visto quando è arrivato?

«C’era furgone blu, accesso perché vedevo il fumo il uscire. E’ di una persona che lavora qui, ma abita a Camposanto e che non poteva essere li a quell’ora. Ho capito che avevano rubato il suo furgone. E c’era uomo incappucciato che gridava a chi era già dentro al bar di uscire. Gridava in rumeno, infatti lo capivo bene».

Cos’ha fatto a quel punto?

«L’ho colpito mentre gli altri ladri uscivano dal mio bar. Avevano le spranghe. Ho continuato a difendermi come riuscivo. Il terzo ha alzato il piede di porco e ha incominciato a colpirmi, al braccio, all’occhio. Ero una maschera di sangue ma non ho mollato».

Poi cos’è successo?

«I cinque sono scappati. A piedi. Dileguandosi nel buio. Senza riuscire a rubare niente. Forse c’era un complice che li stava aspettando. Non lo so. Hanno abbandonato qui il furgone. Tutto è successo in pochi minuti. Ho chiamato aiuto. In questo paese c’è brava gente e sono tutti preoccupati. I carbinieri passano la sera. Sono arrivati ad aiutarmi».

Lo rifarebbe?

«In situazioni come queste non si pensa ai rischi che stai correndo. Si agisce per difendere quel po’ che hai. Non è giusto vivere in questo modo».