Omicidio Tartari, Pajdek dal carcere: "Ladro, non assassino"

L'udienza preliminare del processo vedrà presenti solo 2 imputati

Il luogo del ritrovamento del cadavere (BusinessPress)

Il luogo del ritrovamento del cadavere (BusinessPress)

Ferrara, 4 maggio 2016 - Ci sarà Ivan Pajdek, il capo della banda. Ci sarà Patrik Ruszo, uno dei suoi giovanissimi soldati. Ma non Constantin Fiti, l’unico dei tre accusati della barbarie commesse su Pier Luigi Tartari, il 77enne rapinato e lasciato morire in un casolare abbandonato di Fondo Reno il 9 settembre, che ancora oggi continua a dirsi innocente. Il giorno del giudizio è arrivato: domani alle 10, davanti al gup Piera Tassoni, è fissata l’udienza preliminare ma che vedrà presenti solamente due imputati.

Perché Fiti ha chiesto di essere processato con il giudizio immediato (saltando la preliminare e andando direttamente davanti alla Corte d’Assise), sicuro di poter dimostrare la sua innocenza. «Lui continua ad insistere che nell’abitazione di Aguscello, – spiega l’avvocato Alberto Bova – non c’è mai stato e che quei due li ha incontrati solo il giorno dopo».

Quello in cui i tre vennero ripresi dalle telecamere dell’ipercoop a fare shopping con il bancomat rubato al pensionato. «Continua a dire – prosegue Bova – di essere stato incastrato perché Pajdek gli aveva regalato un paio di scarpe. Contro Fiti non c’è nessun elemento oggettivo, questo diventerebbe un processo indiziario. Le sue impronte sulla macchina della vittima? Potrebbero essere state fatte il giorno dopo». Aggiunge il legale: «Ruszo e Pajdek, dopo aver abbandonato il corpo di Tartari nel casolare, scappano mentre Fiti, sul quale gravava un ordine di espulsione, invece rimane a Ferrara. E per quale motivo se avesse commesso l’assassinio? Poi del suo cellulare non c’è traccia nelle celle di Aguscello la sera della rapina. Un altro elemento che fa pensare...».

Diverso il discorso per Ruszo (che ha fatto ritrovare il corpo di Tartari) e Pajdek, definito il capo della banda criminale che già avevo messo a segno una serie di rapine fotocopia. «Sono un ladro ma non un assassino», grida quest’ultimo dalla sua cella dell’Arginone addossando la colpa a Ruszo e alla madre Rosy, ex badante nella casa accanto a quella di Tartari. «Tutto è nato da Patrik – dice – e il colpo è stato studiato in quell’abitazione». Il suo avvocato, Daniele Borgia, anticipa ciò che potrebbe succedere domani: «Non escludo che il mio assistito possa farsi giudicare in abbreviato». Ovvero sulla base degli atti del pubblico ministero, saltando il processo pubblico. Anche se Pajdek, domani in aula, continua a chiedere la presenza dei giornalisti (e, codice alla mano, lo può fare) «per spiegare a tutti come sono andati i fatti».