Palazzo degli Specchi, un simbolo da archiviare

Il commento

Ferrara, 7 febbraio 2016 - Il Palazzo degli Specchi è senza alcun dubbio un simulacro, purtroppo ben visibile ai cittadini, di un modo di fare politica prepotente, incurante delle spese e legato a doppio filo agli affari.

Il fatto stesso che sia stato costruito per arginare l’enorme falla derivante dal fallimento di una cooperativa la dice lunga sulla ratio totalmente perversa che qui, come in altre parti d’Italia, è stata alla base per decenni dell’agire politico. Ammettiamo pure che nelle intenzioni di chi lo concepì, a metà degli anni Ottanta, l’enorme edificio direzionale potesse avere una sua qualche utilità - erano anni di grandeur e di soldi che giravano - ma oggi il risultato è impietoso e segna forse l’inizio della crisi (almeno morale) di una certa sinistra ferrarese.

Fino a quando quel ‘mostro’ non sarà abbattuto o riqualificato o ripensato, Ferrara e la sua classe politica, di qualsiasi colore essa sia, non potranno dire di aver chiuso con il passato. L’auspicio è che davvero sia la volta buona e che anche in questa fase, come in altre legate alla storia recente del palazzo, la città non debba assistere a ‘giochi’ più o meno sotterranei fra gruppi di potere o forze contrapposte.

La chiusura del capitolo Palaspecchi rappresenterebbe una svolta reale, non solo annunciata o figurata. Sarebbe la cicatrizzazione di una ferita sanguinante e imbarazzante per la città ma soprattutto per la sua classe dirigente (quelli di oggi, anche se incolpevoli, sono comunque gli eredi di quel passato ingombrante).