Suicida l'ex dirigente Carife Paolo Bonora

Si è sparato un colpo di pistola in casa

Paolo Bonora

Paolo Bonora

Ferrara, 28 luglio 2015 - La bocca della Beretta, regolarmente denunciata, rivolta alla faccia. L’indice della mano destra che aziona il grilletto. Un colpo secco, devastante. E’ morto così, in pochi attimi, nella sua abitazione di Baura, Paolo Bonora, classe 1943, ex vice direttore generale del Gruppo Carife, per il quale era stato anche amministratore delegato di Banca di Treviso. Negli anni ’90 era stato anche presidente del Palio. Una tragedia materializzata ieri alle 12.40 in via dell’Unione, dove viveva con la moglie. In quel momento l’uomo, da tempo in pensione, era solo in casa.

Nessun biglietto, nessuna spiegazione su un gesto così terribile che ha lasciato tutti sotto choc. Soprattutto la moglie, atterrita al suo rientro e la prima a dare l’allarme. Toccherà ai carabinieri di Ponte far luce sulla vicenda. Bonora e Carife, un matrimonio fortissimo e andato avanti per 32 anni. Così parlava il 28 aprile 2010 – giorno in cui l’assemblea ufficializzò il nuovo cda –, accolto da un lungo tributo: «In questa banca, dove ho ricoperto la carica di vicedirettore, ho ricevuto più di quanto ho dato». Durissima, e per certi versi premonitrice, la lettera che lo stesso scrisse al Carlino il 16 novembre 2014. Bonora, in quella missiva, lanciò l’allarme sulla situazione. «La Cassa è entrata nel limbo per poi passare, continuando così le cose, nell’inferno della liquidazione coatta. Sto assistendo all’agonia della più importante istituzione della città, ora in mano a due personaggi inviati da Bankitalia che, nel segreto più assoluto e inviolabile (per i ferraresi), stanno preparando i drappi neri per il portone di Giovecca». Parlò di «carnevalata», di «disastro», di persone che «hanno fatto finta di non vedere», coinvolti «nella ripartizione degli incarichi». Amarissimo il finale: «Questa è la realtà dei fatti e, come brutalmente li descrivo, altrettanto, dentro di me, vedendo affondare questa corazzata, provo un profondo inconsolabile dolore ma anche una speranza che miracolosamente i dipendenti possano vedere un avvenire più roseo. Ma in altre più capaci mani».