«Pizzicotti e strattoni ai bimbi, ma nessuno lo segnalò al dirigente»

Maestra a processo. Testimonianze diverse, a febbraio confronto a 4

Due bambini (immagine d'archivio)

Due bambini (immagine d'archivio)

Ferrara, 27 maggio 2015 - Per chiarire l’atteggiamento di una maestra d’asilo, a processo per abuso dei mezzi di correzione e disciplina su alcuni bambini, servirà un confronto all’americana tra quattro colleghe sfilate, una alla volta ieri mattina, ma con deposizioni divergenti. Questa la decisione del giudice Stefano Amore, dopo quasi cinque ore di lavori nel chiuso dell’aula D, che ha rimandato le maestre al 4 febbraio, mentre per gli ultimi tre testimoni dell’accusa (tra cui il maresciallo che ha condotto l’indagine) a domani mattina.

In aula, accanto all’avvocato David Zanforlini, c’era anche l’imputata, dipendente di un asilo del medio ferrarese finita nei guai dopo una segnalazione anonima all’Arma. Secondo le accuse l’educatrice, 47 anni, avrebbe pizzicato, strattonato, spinto, sollevato di peso alcuni bimbetti. Di «un unico episodio particolare» ha parlato la prima collega sentita, ‘torchiata’ quasi due ore. «Diede un ‘pizzico’ ad una coscia di un bimbo che scoppiò a piangere». In altre occasione «li spostava prendendoli per un braccio, li alzava quattro dita da terra». Gesti che in alcuni «provocavano pianti, in altri sorrisi». I fatti contestati andrebbero da dicembre 2012 al maggio successivo, periodo nel quale l’imputata «faticava a tollerare i pianti dei piccoli, non aveva pazienza. Aveva perso il padre da poco e aveva qualche problema fisico».

Ma nessuno segnalò nulla al dirigente del Comune (parte civile con un nutrito gruppo di genitori). «Abbiamo preso tempo, non abbiamo una rete che ci sostiene in questo; abbiamo peccato di riuscire a sistemare le cose». La teste ha ricordato anche il momento in cui è stata sentita in caserma, dove ne è poi uscita senza nemmeno leggere e firmare la deposizione «perché molto agitata». Era il 26 aprile, «ero a fare la spesa quando mi ha chiamato mio fratello dicendomi che c’erano i carabinieri che mi cercavano. Erano stati da me, dai miei, dai loro vicini. Mi sono presentata in caserma, mio marito fuori che non sapeva cosa stava succedendo». Qualche giorno più tardi la donna è ritornata spontaneamente dai carabinieri. «Volevo aggiungere che a volte la collega veniva usata per incutere terrore nei bimbi». Quando accadeva qualcosa in sezione, «le maestre, per tranquillizzare i bimbi, dicevano: guarda che ti porto da M.. Lei si prestava, noi dicevamo che sbagliava. Ma i carabinieri non verbalizzarono nulla».