I giudici del processo Costruttori: "I vertici Carife andavano indagati"

Tra le righe della sentenza: "Con gli istituti che finanziavano Coop"

Donigaglia con Santini (foto Businespress)

Donigaglia con Santini (foto Businespress)

Ferrara, 5 agosto 2015 - Per quale motivo, «a fronte dell’emergere della situazione reale della Coopcostruttori», le singole banche «continuarono ad erogare credito senza incorrere in pesanti conseguenze anche nei confronti di Bankitalia» e nei confronti «degli azionisti» i quali «non avrebbero mai acconsentito a tenere aperti finanziamenti in favore di una società dissestata»? Tra le carte della sentenza d’appello del processo per il crac Coopcostruttori, sono diversi i passaggi che riguardano gli istituti finanziatrici dell’ex colosso di Argenta. Prima: la Cassa di Risparmio.

Socio Coop. «Non può trascurarsi – precisano i giudici a pagina 181 –, quanto a Carife, che la Coopcostruttori era uno dei soci della banca e che lo stesso Checcoli (ex presidente Legacoop, ndr) sedeva nel Cda di quest’ultima». Carife e le altre banche «continuarono fino all’ultimo ad erogare credito perché ritenevano che la situazione Costruttori, sia pure critica, fosse solida».

Teste Murolo. Un fatto confermato pure da Gennaro Murolo, ex direttore di Carife, sentito come testimone nel processo Coop di primo grado il 16 settembre 2011. Al centro del discorso il piano di salvataggio Maranghi, appoggiato e ritenuto idoneo dalla Cassa, «capace di rimettere le cose al loro posto». Poi saltò.

Il concorso. Interessante, sempre in merito al crac, ciò che scrivono – e sottolineano – i magistrati della Corte a pagina 186: «Una volta dimostrata la falsità dei bilanci e dando per dimostrato l’intento dei vertici degli istituti bancari di sostenere comunque la cooperativa, è del tutto evidente come in quel caso questi ultimi avrebbero dovuto rispondere del reato in concorso con gli amministratori della società, come in altri casi accaduto». Dunque, il ragionamento: indagato Giovanni Donigaglia, indagati in concorso l’ex presidente Alfredo Santini e gli altri massimi vertici delle banche finanziatrici. Ciò, va chiarito, non avvenne. «In quel contesto, e posto che la falsità dei bilanci era indispensabile per continuare a fruire credito, l’aggravamento del dissesto sarebbe comunque stato riconducibile a più cause: una condotta degli amministratori che avevano alterato i dati contabili per rappresentare una situazione molto diversa da quella reale, e quella dei vertici delle banche, che continuavano a finanziare la cooperativa pur sapendo che essa era dissestata».

Mascellani. Dopo le bordate dell’imprenditore Roberto Mascellani (Carlino 2 agosto: «...il primo tumore della Cassa è stata la Coopcostruttori. Il crac ha gravato sulla banca per 125 milioni»), abbiamo interpellato sia Santini che Donigaglia. Il primo non ha voluto commentare, qualche parola dal secondo: «Replicare? Non mi metto a queste bassezze. I 125 milioni? Non mi risultano».