Sant'Agostino (Ferrara), 2 febbario 2014 - UN gruppo di pensionati osserva, in silenzio. Un babbo con il figlioletto scatta foto ai tronchi che scivolano sull’acqua. E una sorvegliante degli argini — un tempo per tutti era il genio civile, oggi ha un nome più freddo e involuto, servizio tecnico bacino Reno — sorride e quasi non si raccapezza: «Ieri (venerdì, ndr), dalla gente che c’era non riuscivo a parcheggiare. Alla fine sono arrivati i carabinieri». Va così. Il Cavo napoleonico — opera idraulica imponente a Sant’Agostino, nel Ferrarese — è anche un’attrazione turistica. Continua ad esserlo ora che l’emergenza è passata (diciamo sta passando). E se qui la piena straordinaria non ha fatto danni, il merito è tutto suo, di questo canale tra Reno e Po costruito negli anni Cinquanta ma pensato addirittura nel Seicento.
 

UN ROMBO di tuono quando venerdì sono state aperte le paratie e 25 milioni di metri cubi d’acqua, 370 metri cubi al secondo — più di un terzo della portata del Reno — sono stati ‘spinti’ nel Po. Ferdinando Petri, direttore del servizio tecnico di bacino, è certo: «La decisione di aprire il canale ha evitato danni gravissimi al Ferrarese ma anche al Bolognese. Avevamo tre metri di dislivello, questo mi ha convinto. Ma soprattutto ho ascoltato i miei uomini. Mi sono fidato di loro più che dei sistemi di modellazione idraulica. E ho fatto bene». Se andava male, a quest’ora era sotto processo (in senso lato ma non troppo).

INSOMMA il Cavo ha fatto il suo dovere. Anche se ha bisogno urgente di cure e manutenzione. L’ultima speranza è un finanziamento del Cer, il canale emiliano-romagnolo, atteso a breve. Anche perché «gli argini inzuppati d’acqua crollano. Oggi è come se avessimo un castello senza i soldi per mantenerlo». Arriva a dare un’occhiata anche il sindaco di Sant’Agostino, Fabrizio Toselli. S’allunga verso il monitor, «a che punto siamo?», s’informa. Lo tranquillizzano, «il livello si sta abbassando». A quest’ora i grillini sono già tornati alla carica sempre nel Ferrarese ma da un’altra parte. Nel mirino il Po di Volano, «argine disastroso», documentano con tanto di foto. «Per una volta s’intervenga prima», chiede il consigliere regionale Andrea Defranceschi. Appello rivolto a Comuni, Regione, servizio tecnico di bacino.

IN EFFETTI a occuparsi di fiumi sono tanti enti diversi, magari ci scappa il doppione. Tantissimi, al capezzale del Po. Aipo con 280 dipendenti divisi su quattro regioni (ma i ‘controllori’ degli argini sono solo 70-80); l’autorità di bacino, con 35 addetti; il servizio tecnico dei bacini e degli affluenti (altri 140). In tutto, 455 persone. Un piccolo esercito. Eppure... Il direttore dell’Aipo nei giorni scorsi ha spiegato al Carlino che nel Modenese ha sei uomini per controllare 250 chilometri di argine. Vi sembrano pochi? E allora che dire dei 9 sorveglianti in quota al servizio tecnico di bacino del Reno? Nove persone per 900 chilometri e quattro province. Fate un po’ i conti.

dall'inviato Rita Bartolomei