Ravalle, "Le campane disturbano i cani": il parroco le spegne ma il paese insorge

Dopo la richiesta di un residente parte una raccolta firme: e dopo quattro giorni di 'silenzio' la situazione si risolve

La chiesa di Ravalle (foto Businesspress)

La chiesa di Ravalle (foto Businesspress)

Ferrara, 6 maggio 2015 - PER QUATTRO giorni senza campane. E’ stato un silenzio surreale quello nel quale sono rimasti immersi dal primo maggio fino a lunedì gli abitanti di Ravalle, abituati ad avere i rintocchi dal campanile a scandire la loro giornata. Un suono familiare e denso di nostalgia per chi nella frazione in riva al Po ci è nato e cresciuto. Un’eco di ricordi improvvisamente svanito nel nulla. Messo a tacere all’improvviso, nel giorno della festa dei lavoratori, per un bisticcio tra il parroco e un residente. Una storia di paese – nata e morta nel giro di una manciata di giorni nel perimetro di quel piccolo mondo – che ha tutto il sapore di un racconto di Guareschi.

Tutto comincia il primo di maggio. Un residente va dal parroco e gli fa presente che il suono delle campane disturba i suoi cani, facendoli abbaiare. La richiesta è quella di abbassare un po’ il volume (le campane della chiesa della frazione sono elettriche).

Il sacerdote, forse indispettito dalla richiesta, lo prende in parola e decide di ‘rilanciare’. Da quel momento il campanile di Ravalle perde il dono della parola. I residenti non ci mettono molto a rendersi conto della scomparsa dei rintocchi. Inizialmente pensano ad un banale guasto. Poi però, col passare dei giorni, iniziano a farsi delle domande. In paese la voce si diffonde e la frazione si divide. C’è chi appoggia la ‘linea dura’ del parroco e chi invece non ci sta e rivuole le sue campane.

La protesta approda anche sui social network. Su Facebook il dibattito impazza. «Rivoglio le campane» scrive qualcuno. E ancora: «Almeno ricordavano che in paese ci sono anime vive». Domenica, dopo la messa i cittadini prendono in pugno la situazione. Basta il passaparola per far partire una petizione che nel giro di poche ore – tra i fedeli presenti sul sagrato e quelli recuperati con qualche colpo di campanello all’ora di pranzo – fa il pieno di firme.

La ‘voce del popolo’ arriva fino alla canonica e il sacerdote non può rimanere sordo di fronte ad una comunità che rivuole indietro quel suono che l’ha accompagnata per secoli. Alla fine – come spesso accade nelle storie che si verificano nei piccoli mondi che costeggiano il Grande Fiume – tutto si risolve a tarallucci e vino. Un chiarimento tra di due protagonisti della storia, scuse reciproche e una stretta di mano.

Sulle rive del Po quindi, dopo giorni di fibrillazioni, torna a scoppiare la pace. Salutata, come già accaduto in momenti ben più bui, dal suono familiare e rassicurante delle campane.