Spal, che sogno. Mister De Biasi tra passato e futuro

"Ora serve sintonia tra città e squadra"

Mister Gianni De Biasi (foto Ansa)

Mister Gianni De Biasi (foto Ansa)

Ferrara, 3 marzo 2017 - Ferrara ha riscoperto la Spal, in tutte le sue pieghe e nei minimi anfratti. Le splendide cavalcate di Semplici hanno ricreato tra squadra, società e città la passione e la reciproca identificazione che si era stabilita solo con Paolo Mazza, dagli anni Cinquanta sino a fine Settanta. Chi era già tifoso ama di più, chi era tiepido inizia a ribollire, e chi non si era mai avvicinato comincia a interessarsi. Le vittorie uniscono, e la Spal sta tornando a vincere. Gianni De Biasi, attuale cittì della nazionale albanese, domani torna ospite allo stadio che fu suo, e da cui fu astrusamente cacciato dopo aver ottenuto una promozione, averne sfiorata un’altra, e vinto una Coppa Italia di Lega Pro. Andò a propugnare la sua scienza nella vicina Modena, dove salì dalla serie C alla A in due consecutive stagioni, mentre la Spal continuava a marcire nel limbo dell’incompetenza.

Avrà qualcosa da dire a Semplici, che con la Spal sta cercando di ripetere quella impresa?

«Non c’è molto da insegnare - spiega il Gianni - . Per me è fondamentale l’instaurarsi di un circolo virtuoso, in cui la squadra entusiasma e trascina la piazza con gioco e risultati, e la città risponde identificandosi al massimo nella squadra. Io al Modena andai dopo essere stato mandato via bruscamente da Ferrara, dove pure qualcosa di buono mi pareva di aver fatto. L’inizio della mia avventura fu simile a quello di Semplici: arrivai a metà campionato, e in quel primo anno gettammo basi. Nel secondo si vinse la C, nel terzo la B, e nel quarto ci salvammo in serie A. Auguro alla Spal di imitarci sino in fondo. Ne sarei felicissimo sia per i miei trascorsi biancazzurri, che per l’amicizia che mi lega al direttore Vagnati, che quest’anno non ha sbagliato un colpo».

Entusiasmo e sintonia con la piazza fattore decisivo, dunque?

«Per me sì. Poi per arrivarci servono valori tecnici e agonistici, senza i quali non si vince. Ma quando crei questa empatia, l’euforia dell’ambiente e la positività diventano un enorme punto di forza».

Altri ingredienti della ricetta vincente?

«Sia il mio Modena che questa Spal non hanno smantellato il gruppo che ha saltato il primo scalino. La coesione tra giocatori è un altro elemento importantissimo. Noi conservammo lo zoccolo duro e la Spal ha fatto altrettanto. Forse ha anche qualche possibilità economica in più, perché noi non potemmo rafforzarci in corsa con giocatori del calibro di Floccari, per fare un esempio. La mia punta per la serie A fu il bomber del Lumezzane Carlo Taldo, e credo di aver detto tutto. Avevamo in compenso grandi valori tecnici e morali nella vecchia guardia. E in C ebbi un faro in Fausto Pari che aveva vinto tutto con la Samp di Vialli e Mancini e avevo avuto già alla Spal».

Quando capiste di poter fare il salto in A?

«Dopo tre mesi, circa. A differenza della Spal attuale noi partimmo subito forte: 2-0 al Bari, 4-1 al Napoli. Fummo sempre in zona promozione. Prima di Natale sapevamo di poter dire la nostra per la serie A. Finimmo secondi, un punto dietro il Como. Ma ottenemmo la promozione matematica addirittura 4 giornate prima della fine, pareggiando col Genoa».