Spal, Pablito Rossi incorona Gibì Fabbri: "A lui devo la carriera"

Intitolato ufficialmente il Centro sportivo di Copparo all'allenatore

Paolo Rossi e Walter Mattioli (foto Businesspress)

Paolo Rossi e Walter Mattioli (foto Businesspress)

Ferrara, 28 marzo 2017 - «Gibì Fabbri alè alè»: il canto è tornato a levarsi alto sul Centro di via Copparo, da sabato mattina ufficialmente intitolato al grande Battista, unico allenatore delle giovanili capace di vincere due scudetti con la Primavera dei suoi tempi, che si chiamava De Martino. Tutto il resto che ha fatto, è superfluo ripetere perchè lo ricordano tutti, Real Vicenza in testa, per non parlare dell’ultima serie B della Spal. Che finalmente è diventata la penultima... A scandire il coro tanti tifosi biancazzurri, ad assistere alla cerimonia oltre duecento persone. E schierato al gran completo, il mondo di Gibi tutto, non solo per la parte facente capo all’universo Spal, «perchè lui era così – ha spiegato Franco Colomba – e con la sua umanità e simpatia ha sempre unito la gente».

Autorità schierate, dal sindaco Tagliani agli assessoriMerli e Serra, famiglia al gran completo con i figli Elena, Giorgio e Giulio e le tre nipoti, come pure la dirigenza della Spal di oggi. Poi i suoi ragazzi... di una volta. Tutti e sempre lì, mai dimentichi, neppure oggi che Battista non c’è più: Reja, Colomba, Bozzao, Pasetti, Tartari, Bonafè, Campanini, i vicentini Paolo Rossi, Carrera, Lely, Filippi e Cerilli, e poi Labardi, Mangoni, Cancellato, De Bernardi, i fratelli Macchia, Ragonesi, Asnicar, Gambin. Tutti, come solo Gibì sa ancora tenere insieme. I ricordi sono volati alti: «Se io sono quel che sono è merito di Battista – ha detto Paolo “Pablito” Rossi –, l’unico a vedere in me quel che nessuno aveva mai visto, un centravanti. Ero scettico persino io che avevo sempre giocato da ala. Era un grande, se ha insegnato a giocare addirittura a Lelj... Non voleva vederlo calciare la palla in tribuna. Ma scherzi a parte, in tanti gli dobbiamo molto, ma lui è stato un personaggio unico anche sul piano umano». Edy Reja conferma: «Io, Capello e altri dobbiamo tutto a Gibì. Per noi fu un padre, oltre che un uomo e un tecnico».

Elena Fabbri, la figlia, ricorda bene Reja che l’andava a prendere a scuola da bambina: «Era il clima di famiglia che papà sapeva creare. In apparenza era burbero con dirigenti, giornalisti e giocatori, ma bisogna sapere che quelli con cui più si arrabbiava per lui erano quelli che avevano più meriti e più margini da mettere a fuoco. Lui amava la musica e voleva che la sua squadra fosse una orchestra, e i suoi genitori dei bravi musicisti. Questa intitolazione per noi di famiglia è un onore grandissimo». Significativa anche la testimonianza di Simone Colombarini. «Da lui ricevetti una delle prime investiture da patron Spal. Fu a Monestirolo, dove mi volle regalare una delle sue sciarpe della Spal. Fu il suo gesto simbolico di benvenuto come dirigente». Walter Mattioli infine ha aggiunto il tocco di humour: «Intitolare il Centro a Fabbri fu il nostro primo pensiero quando sapemmo che era venuto a mancare. Il Centro Gibì ora può tornare ai fulgori dei vecchi tempi. Patron Colombarini mi ha appena chiesto cosa faranno per me: gli ho detto di aspettare che muoia, poi vedremo se il sindaco se ne ricorderà...». Tagliani di suo aveva sottolineato in apertura «il momento felice della Spal, lo stile e la moralità di questa società nel fare calcio investendo nei giovani, proprio come sarebbe piaciuto a Gibì Fabbri».

m. m