Spal, Renzo Rimessi. "Io, non vedente, sempre in curva"

Il grande tifoso: "Una gomitata e capisco che è gol"

FELICE La gioia di Renzo Rimessi nella ‘sua’ curva Ovest per l’amata Spal

FELICE La gioia di Renzo Rimessi nella ‘sua’ curva Ovest per l’amata Spal

Ferrara, 24 gennaio 2017 - Nel tutto esaurito della curva Ovest, tra chi ha un posto fisso c’è un uomo che vive la Spal da un punto di vista unico: Renzo Rimessi, non vedente, e ovviamente grande tifoso.

Non sarebbe stata più comoda la tribuna?

«Lì c’era la possibilità dell’abbonamento disabili, ma non mi piaceva. Ho deciso volutamente la curva, anche pagando l’intero, perché la curva è tutto, ma non me lo volevano fare. Dopo un’ora di rimostranze, gli addetti hanno consultato Mattioli che ha dato l’ok. Mi sono sentito in dovere di dare fiducia a questa società che ci ha creduto sin dall’inizio».

La sua passione sportiva a quando risale?

«Da bambino ero all’istituto per non vedenti di Reggio Emilia, e cominciai ad andare allo stadio. Vedevo ancora qualcosina. Abbandonata la Reggiana e tornato a casa, ho cominciato ad andare alla Spal fino agli ultimi anni di Donigaglia».

Il Paolo Mazza e i biancazzurri, quindi, li ha visti davvero.

«Vedere un decimo per me era tantissimo: il curvone scoperto, il curvino in legno distante dal campo. Le discese di Donati, i cross per Pezzato o Gibo; Mongardi che giocava con Boldrini. Le trasferte pionieristiche, anche da solo in treno a Vicenza (dove spero di andare sabato). La Spal di quegli anni era un’emozione che sto rivivendo solo adesso».

Con occhi diversi.

«Sì, ho trovato delle persone, Andrea Buzzoni e Simone Loco, che mi accompagnano tutte le volte che giochiamo in casa e m’aiutano a veder la partita. Con loro sono stato a Cesena. Senza, non saprei come fare».

Di quali immagini è fatta la sua cronaca dalla curva?

«È la mia emozione, l’euforia; i cori, sentir gli umori, le urla. Sciarpa, felpa e giubbone. Pur di viverla in questa maniera ho rifiutato la radiolina. Se vedessi la partita davanti a uno schermo ci sarebbe il cronista, non l’atmosfera».

E l’aria da gol come si fiuta?

«In quelle sensazioni che un non vedente riesce a percepire. È una botta sulla spalla, un gomito che si muove contro. A volte un cenno sotto il braccio che si smorza come il gol; a volte me lo sento e quando arriva vado fino in fondo nell’esultanza. Non sono mai impazzito come al pareggio di Cesena al 93° o al 3-2 contro la Salernitana».

Ci descriva la rete di Floccari.

«Come col Carpi quando entrò Cerri, ho detto che avrebbe segnato. È salito in alto e ci è rimasto il giusto tempo per colpire; per dire ‘io la metto là’. È uno che fa la differenza e si è visto subito».

E ha visto bene.

«È un’immagine dentro di me, un sentore che non si può descrivere, un sogno. Anzi, speriamo, il sogno!».

Ora che cosa dice il sesto senso?

«Non vorrei che alla fine tirassero indietro il piedino non avendo lo stadio. Ma dice serie A».