Terremoto, la lotta delle imprese frenate dalla burocrazia. Guarda il video

Dopo quasi 4 anni il viaggio alla Tecopress IL VIDEO

Federico Dondi

Federico Dondi

Sant’Agostino (Ferrara), 28 dicembre 2015 - Tre anni e sette mesi dopo, c’è ancora un vuoto da riempire alla Tecopress di Sant’Agostino. Federico Dondi – figlio di Enzo, il fondatore –, si muove nel piazzale, alle sue spalle il niente, qui prima del 20 maggio 2012 c’era il capannone della fonderia, poi crollato. Non ha avuto scampo Gerardo Cesaro, che era vicino alla pensione ma aveva tanta buona volontà: è rimasto sotto le macerie. Ogni anno l’azienda si ferma per ricordarlo, arriva anche la famiglia, l’inchiesta giudiziaria fa il suo corso «ma il rapporto tra noi è sempre stato buono». GUARDA IL VIDEO

La ricostruzione della Tecopress è appena ripartita. In ufficio c’è un grande cartellone con quel che verrà, una scommessa per il futuro, un grande capannone di 13mila metri quadri, si arriverà così a 22mila, coperti. E se chiedi come mai i lavori sono ancora così indietro, la prima risposta è quella che ti senti ripetere da tutti e da tempo, nei paesi del terremoto: «La burocrazia ha rallentato molto il ritmo». Eppure Federico Dondi non ha mai pensato di andarsene via da Dosso ferrarese, paese di imprese e tanta nebbia, percorrendo la Statale vedi ancora i segni pesanti del sisma e le prove di ripartenza. Qui vicino, alle Ceramiche, due morti.

Nei tempi d’oro, prima della grande crisi, la Tecopress – acronimo di terra, conchiglia e pressofusione, le tre tecnologie impiegate all’inizio per lavorare l’alluminio – aveva 240 dipendenti, oggi sono 170. Un segno di ripresa nel fatturato, 37,3 milioni quest’anno, erano meno di 36 milioni nel 2014.

Sì, il sisma ha cambiato la vita a tutti, «nessuno avrebbe mai potuto immaginare una cosa del genere – ammette il giovane imprenditore –. C’era già stata la crisi a colpire pesante. Eppure questo terremoto non ci ha tolto la forza di andare avanti, cercando di fare le cose anche meglio». Chiarisce il padre Enzo: «I progetti li abbiamo fatti. Abbiamo anche ottenuto collaborazione dalla Regione. Che fa quel che può. Perché poi c’è Roma e c’è Bruxelles. Diciamo che s’impara a convivere con tutti... Il problema è il concatenamento. Non puoi fare questo se non hai già fatto quello... Ma quello lo puoi fare se hai superato quell’altro... Abbiamo iniziato a dicembre. Ma non a costruire il capannone. Abbiamo semplicemente installato una cabina elettrica». Alla Tecopress hanno lavorato per un mese a sgomberare le macerie. Sono ripartiti il 20 giugno di tre anni fa. «Abbiamo ripreso nella parte rimasta in piedi e abbiamo trasferito il resto in Veneto, da un cliente amico», aggiunge il figlio. Enzo Dondi ha fondato l’azienda nel 71 con il fratello. Sta qui ancora per un po’, racconta, «per aiutare a rimettere le cose a posto, dopo lo scempio della crisi e del terremoto. Poi è giusto che le redini le prendano loro, i ragazzi».