"Truffati dal commercialista, abbiamo perso casa e lavoro"

lo sfogo delle vittime di Riccardo Schincaglia, costrette a pagare centinaia di migliaia di ‘ammanchi’ all’Agenzia delle Entrate

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Ferrara, 9 febbraio 2016 – Rabbia. Amarezza. Delusione. Stati d’animo che continuano a girare, come dentro un frullatore, tra i ‘gabbati’ di Riccardo Schincaglia.

Lui, commercialista ferrarese. Loro, (ex) affezionati clienti che ora si trovano costretti a dover pagare centinaia di migliaia di ‘ammanchi’ all’Agenzia delle Entrate per suoi presunti illeciti. Tradotto: truffa e appropriazione indebita di 497.800,88 euro, ovvero somme «destinate al versamento di contributi, imposte e tasse», ma che allo Stato in realtà non sono mai arrivate.

«E oggi – raccontano Monica Manfredini e il marito Cristoph Bendandi, ex proprietari di distributori di carburanti – siamo costretti a dover versare oltre 200 mila euro al fisco, abbiamo metà della casa pignorata e un quinto dello stipendio. A 40 anni ci siamo dovuti rimettere in gioco, ripartire da zero».

La coppia aveva distributori in via Bologna e in via Ravenna dove vi lavoravano anche i tre figli.

Tutto questo fino al 2012 quando l’azienda Bendandi fu costretta ad abbassare la saracinesca per sempre.

«La grande sorpresa – spiega la donna – ci arrivò con le prime cartelle di Equitalia che via via aumentavano: 44mila, 120mila. Contattammo Schincaglia e lui ci tranquillizzò: ‘non preoccupatevi, ci penso io, c’è stato un errore’. Invece...».

Invece più passavano i giorni, più la scure del fisco faceva paura fino a quando la famiglia Bendandi decise di rivolgersi ad un altro commercialista. Ed è in quel momento che ne viene fuori l’enorme magagna. «Abbiamo chiesto un controllo del nostro cassetto fiscale. Risposta: ‘toglietevi subito, fatevi dare da Schincaglia tutti i vostri documenti con la contabilità’.

Schincaglia però ne restituì una parte, purtroppo tante fatture sparirono per sempre».

Il caso finì già all’epoca in tribunale, «lui disse davanti al giudice che non teneva la contabilità ma ci faceva semplicemente da consulente e confermò di aver gettato le fatture».

Venne assolto tra lo stupore e lo smarrimento di Monica e Cristoph.

«Non ci volevamo credere, addirittura ci insultò e ci querelò a sua volta». Ma la battaglia non finì e la famiglia Bendandi andò avanti.

«L’Agenzia delle Entrate sostiene che siamo responsabili della nostra contabilità e che poi, successivamente, potremo rivalerci su di lui. Peccato che il commercialista non abbia nulla e a noi hanno pignorato parte della casa, dello stipendio e ci abbiano fatto chiudere con il nostro vecchio lavoro. Ci chiediamo perché pagare un commercialista se poi siamo noi i responsabili della contabilità». L’Agenzia delle Entrate oggi è tra le 52 parti offese del processo contro Schincaglia (l’udienza preliminare è fissata il 24 marzo); la stessa, spiega la coppia, già in passato aveva ricevuto segnalazioni sull’operato del commercialista. Ma non fece nulla. Secondo il pubblico ministero Nicola Proto, titolare dell’inchiesta, Schincaglia riceveva i soldi dai suoi clienti, ne intascava una parte e falsificava le scritture contabili facendole risultare a credito con il fisco. Un ‘giochino’ che sarebbe andato avanti dal 2008 al 2012.