«Cancellando il test a Medicina apriamo le porte ai disoccupati»

Università, il presidente Leonardo Trombelli: «Non possiamo gestire l’invasione»

Medici in sala operatoria

Medici in sala operatoria

Ferrara, 2 settembre 2014 - Dottore Leonardo Trombelli, lei che è presidente della scuola di Medicina, ha saputo dell’idea del ministro Giannini di abolire il test d’ammissione?

«Sì, ho letto. Ma è un’idea che la ossessiona, evidentemente. Ci siamo espressi più volte, le abbiamo ripetuto le nostre perplessità, ma nonostante tutto continua imperterrita e nessuna motivazione, evidentemente, è servita a dissuaderla».

La prima perplessità, ad esempio?

«Beh, innanzitutto non possiamo permetterci di eliminare il test d’ammissione, perché dovremmo aprire le porte a un numero spropositato di studenti e non ne abbiamo né i mezzi, né le risorse. Non abbiamo sufficienti aule per contenere tutti gli studenti, né i docenti riuscirebbero a organizzarsi. Ci sarebbe un’invasione di studenti ingestibile».

Nemmeno l’idea di adattare il nostro sistema a quello francese, sarebbe attuabile? Si potrebbe arrivare a uno sbarramento nel corso degli studi...

«Intanto apprezzo il fatto che il ministro si sia convinto che il numero programmato è importante. Abbiamo insistito molto, su questo tema. Ma il problema reale è che oltre ai problemi di numeri e risorse, c’è anche la questione dei vincoli europei che appunto ci impongono di avere un numero di laureti in relazione al numero di iscritti. Così come ci sarebbe il rischio, se si aprono le porte senza test d’ammissione, di avere un numero di iscritti esagerato rispetto alle borse di studio per la specializzazione: se uno degli obiettivi che dovremmo avere è quello di indirizzare gli studenti al mondo del lavoro, così rischiamo di avere un numero di futuri praticanti molto superiore rispetto alle borse di studio a disposizione».

Però ammetterà che il famoso ‘concorsone’ per entrare in facoltà ha domande di cultura generale incongrue rispetto alle materie che si andranno a studiare e che è difficile anche per gli studenti preparati, no?

«Lo abbiamo detto altre volte: è evidente che il test d’ammissione va cambiato. Ma non eliminato».

Cambiato come, ad esempio?

«Ad esempio, invece che prendere in considerazione solo il voto dell’esame di maturità, si potrebbero prendere in considerazione anche gli ultimi tre anni di scuola dei futuri universitari. Oppure, credo sia fondamentale anche predisporre un test attitudinale per i futuri medici, visto che è un mestiere dove conta anche il fattore psicologico».

Tra le idee del ministro, c’è anche quella di unificare gli insegnamenti comuni, dalla chimica alla fisica fino alla biologia, di facoltà che hanno i primi anni gli stessi insegnamenti. Cosa ne pensa?

«Non è fattibile. In più, il ministro dimentica, forse, quante richieste ci sono ogni anno per poter entrare a medicina. E poi, in tutto questo, c’è un’idea incongrua...».

Quale sarebbe?

«Si volevano evitare specificità? Bene, siamo passati al concorsone. Ora, con il modello francese, si rischia di tornare alla specificità, perché si lascia liberà di scelta alle singole facoltà».

Insomma, il piano del ministro bocciato praticamente in toto?

«Guardi, è importante una cosa: la nostra facoltà è una delle migliori, abbiamo un vero tesoro, cerchiamo di non disperderlo».