«Dietro ai tanti mendicanti una centrale dello sfruttamento»

Il vescovo: «A loro resta poco in tasca. E’ tempo di tagliare questi fili»

L’arcivescovo Luigi Negri

L’arcivescovo Luigi Negri

Ferrara, 29 agosto 2014 - Un problema «ampio e gravissimo», che spesso dietro alla facciata di povertà nasconde una vera e propria «centrale di sfruttamento» che si approfitta delle tante persone che ogni giorno chiedono l’elemosina a Ferrara e non solo. Ne è certo l’arcivescovo Luigi Negri che ha voluto prendere posizione sulla querelle mendicanti a quasi una settimana dalla comparsa del cartello davanti al Conad di via Garibaldi, con il quale il titolare — Raffaele Goberti — invitava i clienti ad evitare di fare l’elemosina ai questuanti che ogni giorno si fermano davanti al supermercato. Quello di Negri, è innanzitutto un invito al buon senso ed a prestare attenzione a «non esasperare alcuni aspetti di un problema che c’è ed è molto serio».

Per l’arcivescovo la presenza di un tal numero di mendicanti è innanzitutto un ‘segno dei tempi’. «La povertà — ha osservato il monsignore — sta raggiungendo livelli inauditi ed esige, come ho avuto modo di ripetere in più occasioni, nuove forme di solidarietà e condivisione. Ai giorni nostri l’elemosina, alla quale la Chiesa ha sempre richiamato, è più necessaria che mai». Ma, precisa Negri, a tutto c’è un limite. E il riferimento è proprio alla situazione che ha spinto il direttore del Conad a mettere in scena la sua protesta-provocazione. «La povertà — ha proseguito il prelato — non può però essere un cappio al collo, o una presenza incombente al punto da distruggere la tranquillità della vita della città». Uno spettro dietro al quale Negri ravvisa una sorta di ‘racket’, un’organizzazione che opera sulle spalle di questa povera gente e che spesso lascia nelle loro mani soltanto la miseria. «Non si può chiudere gli occhi — è il ragionamento dell’arcivescovo — sul fatto che dietro a tutta questa richiesta di elemosina in città ci siano vere e proprie centrali di sfruttamento di questa povera gente, a cui del denaro che riescono a raccogliere resta in tasca ben poco. Se su questo tema si vuole fare un discorso serio — ammonisce Negri — andrebbe indicata una linea di comportamento che, tenendo presente tutti i fattori in campo, sia valida per tutti, cittadini, negozianti e istituzioni».

La linea da seguire quindi è quella del «bene comune» sulla cui scia è necessario da un lato «evitare di schiacciare i più poveri» e dall’altro di limitare il proliferare di questo stato di cose. In sostanza, come stesso accade, il giusto si trova nel mezzo: «Dico no all’elemosina a tutti i costi — chiosa Negri — ma anche ad un’egoismo sfrenato, che rende ancora più pesante e difficile la vita della povera gente». In conclusione, nel discorso di Negri ce n’è anche per le istituzioni. Già, perchè sarebbe compito loro «intervenire per spezzare i fili che legano la povera gente ai loro sfruttatori. Interrompere questo circolo vizioso è un preciso dovere non solo delle istituzioni locali, ma anche di quelle nazionali».