Omicidio Branchi, tutti i misteri del test del Dna

Il tempo nasconde le tracce dell’assassino di Willy. Tanti i punti ancora oscuri

La riesumazione della salma di Willy

La riesumazione della salma di Willy

Ferrara, 27 febbraio 2016 - Un dna predominante e riconducibile a Willy, ma parziale e fortemente degradato, e tanti punti oscuri, che porterebbero a tracce biologiche di terzi, ma che la scienza oggi non è riuscita ad analizzare per il troppo tempo trascorso dall’omicidio. Questi i risultati del lavoro del professor Giovanni Pierucci e del genetista Matteo Fabbri (Lorenzo Marinelli è il consulente della famiglia) chiamati dalla procura a ‘studiare’, 27 anni dopo, la salma di Vilfrido Luciano Branchi, ucciso la notte tra il 29 e il 30 settembre 1988 a Goro da mani ancora ignote, e riesumato il 16 novembre. Tre mesi durante i quali dovevano fare luce su due aspetti: stabilire cause e mezzi che hanno provocato la morte del diciottenne attraverso una seconda autopsia dopo quella datata 1 ottobre ‘88 e, soprattutto, verificare la presenza di tracce biologiche terze.

Unghie. Quella maledetta notte Willy si difese con ogni sua forza dalle violenze del suo (o suoi) aguzzino che lo abbandonò nudo, con la testa fracassata dai colpi inferti con la bocca di una pistola da macello lungo l’argine de Po. E si difese con le unghie, ‘luogo’ oggetto dello studio dei consulenti del pm Giuseppe Tittaferrante. Tutte quante sono state ritrovate in buono stato, «impiantate nel rispettivo letto», comunque «sempre identificabili circa la pertinenza del dito». Ma dei dieci campioni delle mani, due non hanno consentito di ottenere alcun profilo genetico: pollice e mignolo della destra. Per gli altri otto, invece, il Dna prevalente è stato quello di Willy. Nella relazione, emerge chiaramente la difficoltà del lavoro dei consulenti per il tempo passato - elemento sottolineato da Pierucci già a ottobre - che ha portato «allo stato di degradazione della doppia elica del Dna» e non ha permesso di arrivare ad «un’amplificazione dei marcatori aventi peso molecolare elevato».

Commisto. Al termine del trittico estrazione-amplificazione-tipizzazione del profilo genetico ritrovato sotto le otto unghie, comunque, il predominante è quello di Willy e allo stato «è esclusa la presenza di tracce biologiche riferibili a terzi». Ma ciò, nel ragionamento dei tecnici, va sempre letto tenendo conto della degradazione e della parzialità delle strutture indagabili. Il Dna di Willy, viene precisato, non è neppure stato individuato nella sua totalità e potrebbe essere commisto. In questo caso, però, il prevalente andrebbe ad oscurare quello eventuale di terzi. Rimangono poi i due vuoti lasciati dalla mano destra, i campioni di pollice e mignolo. «La scienza oggi dice questo ma, allo stesso tempo, è probabile ritenere - spiega un addetto ai lavori - che, vista la certa colluttazione, all’epoca vi fosse un Dna diverso da quello della vittima». Quello di chi lo uccise.