{{IMG_SX}}Forlì, 20 marzo 2009 - Elio Bentivogli appende le scarpe al chiodo. Lo storico negozio di calzature di corso Mazzini chiude i battenti. "Sì, lascio. Chiudo dopo 50 anni. L’età è quella che è, a fine anno ne compio 86. E allora...".

Elio Bentivogli va in pensione, una notizia storica. Scusi, ma da quanti anni lavora?
"Iniziai a 13 anni. I miei nonni vendevano cuoio, i miei zii zoccoli, io cominciai in via Pisacane producendo e vendendo pantofole, poi mi trasferii in corso Mazzini nel 1960. Sono tre generazioni. Mia figlia insegna ginnastica, non c’è nessuno che possa andare avanti".

Smette per l’età. E poi?
"Non c’è più soddisfazione. Di crisi e crisette in 50 anni ne ho viste almeno tre o quattro, io ogni volta ampliavo il negozio. Avevo fiducia. Questa, però, mi sembra la peggiore di tutti. Nel dopoguerra c’erano senz’altro meno soldi, però più ottimismo. Ora non vedo segnali".
 

La sua ricetta?
"La specializzazione. Insistere, insistere sulla qualità. Vede, questo è il settore più difficile dell’abbigliamento. Per legge, io qui potrei vendere di tutto, ma non ho mai pensato di mollare le scarpe. Perché quelle di qualità al supermercato non le trovi mica".
 

Lei da sempre si batte per i commercianti del centro storico.
"Ci credo ancora. Il centro è il cuore, ha voglia lei di parlarmi di periferia e di ipermercati".
 

C’è chi sostiene che l’Iper farà morire il centro.
"Ma non ci penso neanche! Qui abbiamo quasi 300 negozi, un centro commerciale a cielo aperto. Guardi gli alimentari: la Coop ha chiuso in corso della Repubblica, riapre in via Oreste Regnoli. I vecchi come me aumentano, e non vogliamo mica percorrere dei chilometri per fare acquisti...".
 

Perché allora il centro è sempre più deserto?
"Primo, la gente viene in centro se ha i soldi. E secondo, una volta quando non c’era la televisione si usciva la sera per una passeggiata, me lo ricordo quand’ero giovane... Si guardavano le vetrine. Io le lascio illuminate fino a mezzanotte, ma a chi serve al giorno d’oggi?".
 

Qualche anno fa lei lasciò chiuso il giovedì, quando c’era il blocco del traffico, per protesta.
"È vero. Poi mi sono reso conto che i clienti ci sono. Perché se ne fregano del blocco".
 

I mercoledì sera estivi però hanno funzionato.
"I mercoledì sera io vado a dormire. Quella è una serata per i bar, non si comprano scarpe alle dieci di sera. Beh, almeno il Comune ha fatto qualcosa per loro".
 

Lei e la politica.
"Ho sentito tante, troppe parole dagli assessori. Ci vuole cambiamento".
 

Balzani o Rondoni?
"Rondoni".
 

Una cosa che non le piace del centro.
"Piazza Saffi è buia, si vede a malapena il monumento".
 

C’è un problema di sicurezza?
"Diverse mie clienti la sera si trattengono dal venire. Certo, è più il timore che altro, grossi episodi di violenza non ce ne sono mai stati. Però è sotto gli occhi di tutti che dopo una certa ora in centro restano solo gli extracomunitari".
 

Che non comprano scarpe.
"Non è vero, ne ho vendute a cinesi e nord-africani".
 

Chi ha fatto crescere Forlì in questi anni?
"La Fondazione Cassa dei Risparmi. Il museo del San Domenico è qualcosa di grande".
 

Turisti ne vede?
"Qualcuno. Ma si potrebbe fare di meglio. Un tempo c’erano più collegamenti tra Forlì e la riviera. Per un paio d’anni si fece la rievocazione storica del ‘sanguinoso mucchio’. Bella, ma poi più nulla. Invece bisognava insistere. Anche dal punto di vista architettonico Forlì vale davvero tanto".
 

E allora, scusi, perché lascia?
"Avrò 86 anni. Sono stato di recente in ospedale. Prima, pensavo di poter arrivare fino a 200 anni. Ora mi sono reso conto di non essere immortale. Peccato solo perché, è il caso di dirlo, lascio a piedi la mia clientela".
 

È disposto a cedere la sua storica attività?
"Sì. Anche l’insegna, se vogliono tenere il nome ‘Bentivogli’".
 

Altrimenti?
"Lo stabile è del Demanio, ci sarà un’asta".
 

E lei? Cosa farà?
"(sospira) Non mi so vedere lontano dalle scarpe... Tutta questa esperienza... a volte spero che mi tengano come consulente. Non so cosa farò. Bisogna rassegnarsi ma è dura. Ma questo momento arriva per tutti".
 

Quale momento?
"Quello di appendere le scarpe al chiodo. E io ne ho tante, da appendere".