Forli, 10 novembre 2010 - I padri della chirurgia robotica italiana si sono dati appuntamento in Romagna per discutere la casistica robotica forlivese e interrogarsi su criticità e futuri sviluppi di tale tecnologia. Il successo ottenuto dal convegno “L'Uomo e la macchina - La chirurgia del XXI° secolo: la chirurgia robotica futuro o chimera?”, andato in scena nei giorni scorsi a Bertinoro, ha confermato come ormai l’ospedale “Morgagni-Pierantoni” di Forlì, con 344 interventi dal 2007 a oggi e ben cinque specialità in grado di servirsi del robot, sia fra i centri maggiormente accreditati in Italia in questo settore.

"Quella forlivese è un’esperienza importante e in forte crescita – conferma il prof. Andrea Coratti, direttore dell’U.O. di Chirurgia Generale del presidio ospedaliero “Misericordia” di Grosseto – grazie alla presenza di elevate professionalità e grandi motivazioni». Il prof. Coratti, pioniere, insieme al prof. Pier Cristoforo Giulianotti, della chirurgia robotica italiana, ha seguito passo passo l’evoluzione del centro di Forlì. «La chirurgia robotica forlivese l’ho vista nascere – prosegue il prof. Coratti – diversi chirurghi forlivesi hanno effettuato corsi di apprendimento a Grosseto e io stesso ho operato, come tutor, al “Morgagni-Pierantoni”. In questi tre anni, i progressi sono stati notevoli, al punto che abbiamo cooptato Forlì fra i centri di riferimento della “Scuola nazionale Acoi (Associazione chirurghi ospedalieri italiani) di Chirurgia Mininvasiva Robotica” di Grosseto".

Il prof. Coratti, coordinatore della scuola presieduta dal prof. Giulianotti, vanta un’esperienza decennale in materia, che risale alle origini stesse della chirurgia robotica italiana. "Ho iniziato nel 2000, a Grosseto, col prof. Giulianotti che aveva acquisito da poco il primo robot italiano – illustra – allora, in Italia, in chirurgia generale, non si sapeva ancora nulla di robotica. Dal 2000 al 2007 abbiamo effettuato interventi di chirurgia robotica su tutti gli organi maggiori: fegato, pancreas, colon, polmone. Poi, nel 2007, quando il prof. Giulianotti si è trasferito a Chicago, sono rimasto a Grosseto a seguire gli sviluppi di tale tecnologia e curare il centro di formazione in chirurgia robotica".

In 10 anni, a Grosseto, sono stati effettuati ben 1.150 interventi di chirurgia robotica, di cui 200 eseguiti dal solo prof. Coratti. "Nei prossimi anni, il robot si potrà utilizzare sempre più nel distretto cervicale, per la tiroide, in Orl e per le procedure maggiori su fegato e pancreas – rivela – inoltre, sta mostrando potenzialità importanti in urologia, ginecologia e chirurgia toracica". A Grosseto, quest’anno, è stato comprato un nuovo robot di ultima generazione, il terzo dal 2000, con doppia consolle, per consentire a un tutor e un discente di operare contemporaneamente, e telecamera ad alta definizione. "Il robot ha effetti benefici sul paziente, ma difficili da monetizzare – commenta il prof. Coratti – i costi, invece, sono più evidenti anche se occorrono alcune precisazioni. Ormai, l’acquisto del robot non è quasi mai a carico delle Aziende sanitarie in quanto è spesso frutto di una donazione da parte di enti privati. Per quanto riguarda poi i costi di gestione, sono altri quelli che andrebbero tagliati. Basti pensare che la spesa farmaceutica è superiore di 6-7 volte a quella di un Dipartimento chirurgico: è, pertanto, sull’appropriatezza prescrittiva dei medicinali che occorre concentrarsi per risparmiare".

La Regione Toscana, d’altra parte, ha recentemente approvato un programma di sviluppo di chirurgia robotica economicamente compatibile, illustrato proprio a Bertinoro dalla prof.ssa Franca Melfi di Pisa, fra le massime autorità internazionali in chirurgia robotica toracica, nonché presidente del Robotic Working Group dell’European Association of Cardio Toracic Surgery. Uno studio promosso dalla Chirurgia Toracica dell’Università di Pisa ha dimostrato, infatti, che, oltre un certo numero di interventi l’anno, individuati in circa 300, la chirurgia robotica non solo non è dispendiosa ma consente di risparmiare risorse. Il progetto è stato validato dalla Regione che ha stanziato i fondi per l’acquisto di nuovi robot.

Fra gli esperti intervenuti al convegno, da sottolineare la presenza del prof. Annibale D’Annibale, direttore dell’U.O. di Chirurgia Generale di Camposampiero (Padova), che vanta, con 300 pazienti operati, la maggior casistica di chirurgia robotica colon-rettale al mondo, ed è stato uno dei primi chirurghi in Italia a operare col robot. "Al momento, nel nostro paese, ci sono poche strutture che utilizzano il robot in tante discipline come accade a Forlì – commenta – per quanto mi riguarda, è dal 2001 che opero col Da Vinci, dopo un periodo di formazione in Usa e Belgio. In questi anni, la tecnologia ha compiuto notevoli progressi e il robot si è evoluto molto: in 8 anni, sono stati realizzati 5 diversi modelli. I vantaggi per i pazienti ormai sono assodati: il robot garantisce una minore ospedalizzazione e minori complicanze rispetto alla chirurgia tradizionale, a parità di radicalità".