Forlì, 18 agosto 2011 - «Se la disciplina è chiara, l’eventuale sanzione è altrettanto netta». Il canone giuridico è antichissimo. Ma recepito, in fondo, da ben pochi Paesi al mondo. L’Italia, in questo caso, non fa eccezione. L’omicidio colposo (articolo 589 del codice penale) si
materializza quando qualcuno, per colpa, determina la morte di una persona. La pena prevista è da sei mesi a cinque anni. Poi al codice penale s’innesta quello gemello della strada. La forbice della pena schizza allora da due a sette anni. Di più: se chi ha causato «l’evento morte» era in preda sostanze psicotrope (alcol e/o droga), la sanzione infila l’ascensore e sale da tre a dieci anni. E se le vittime sono più di una, la pena viene maggiorata, ma comunque non deve mai superare i 15 anni. Ora però arrivano i dati: tendenzialmente, le pene finali per gli omicidi colposi stradali, nella stragrande maggioranza dei casi, vengono partorite in un patteggiamento e la somma conclusiva rientra di solito nel range della condizionale (due anni), che salva sempre il reo (spessissimo incensurato) dal carcere. Dal 2008 al 2010, dice l’Asaps (Sostenitori amici della polizia stradale), «300 persone sono morte per mano dei pirati della strada: almeno 100 erano ubriachi o drogati. Pochi, forse nessuno, sta scontando la giusta pena». Cosa accadrebbe se venisse introdotto il reato di ‘omicidio stradale’? L’Asaps accoglie a braccia aperte la proposta di Ferragosto del ministro Maroni. «Si introdurrebbe in questo modo — dice l’Asaps — una forma specifica di omicidio». Ossia, «le condotte verranno giudicate di conseguenza», in modo più chiaro. «Perché la gravità di una rapina commessa con un taglierino è diversa da quella fatta con un Kalashnikov».

"VOGLIAMO GIUSTIZIA, ANCHE SE IL DOLORE NON SI CANCELLA MAI"

«L’inasprimento delle pene? Un rimedio opportuno, ma non una soluzione definitiva». Parla con il consueto equilibrio Patrizia Piovaccari, vedova di Pierluigi Giovagnoli, l’agente della Polstrada travolto e ucciso da un ubriaco otto anni fa a Riviera, nell’Imolese. Il calendario segnava il 24 maggio del 2003. Una data che né Patrizia né i suoi tre figli potranno mai dimenticare. Al volante del furgone che travolse l’agente c’era il 46enne Domenico Ciarlitto. Guidava con 333 gl di alcol nel sangue.

Signora Piovaccari, concorda con l’ipotesi di istituire il reato di omicidio stradale?
«Sì. In troppi provocano incidenti in questo modo, e in tanti non pagano nella maniera adeguata. Lo stesso responsabile della morte di mio marito è ricorso in appello e ha anche avuto la possibilità di non presentarsi mai in tribunale. Non abbiamo mai potuto dare un volto al colpevole della morte di Pierluigi».
Fa parte dei suoi diritti.
«Esatto, esiste il diritto di non presentarsi ai processi, ma io lo contesto. Dovrebbe essere istituito il dovere di presentarsi. Questa gente va messa di fronte alle sue responsabilità».
È un discorso che lei ha sempre portato avanti, insieme a quello dell’educazione, soprattutto dedicata ai più giovani.
«Credo che con una corretta informazione nelle scuole si riuscirebbero a raggiungere più efficacemente i ragazzi. Sono i guidatori del domani e dovrebbero capire da subito cosa è giusto e cosa non lo è. Certo le cose non cambiano dalla sera alla mattina, ne sono consapevole».
Ma qualcosa andrà pur fatto.
«Ovviamente, anche perché i dati parlano chiaro. L’omidicio stradale potrebbe essere in questo senso una buona soluzione. Ma attenzione: io non cerco chissà quali punizioni. Niente ti potrà restituire quello che ti è stato tolto con tanta violenza. Ma giustizia sì, quella sì. E oggi non ne vedo tanta. So che non è facile, ma queste cose andranno pur affrontate in qualche modo».
Restiamo in attesa.
«Vedremo. Certo non esistono soluzioni né perfette né definitive. Ma è chiaro che una piaga del genere non deve in nessun modo lasciare indifferenti». (di RITA SECHI)

"A CHI UCCIDE TOGLIEREI LA PATENTE A VITA, MA VANNO RIEDUCATI"

Marina gamberi, mamma di Giorgia Gagliardi, deceduta nel novembre 2009, insieme all’amica Perla Rubboli. A causare il fatale incidente stradale sulla Cervese nella quale morì sua figlia (allora neanche 18enne) fu un automobilista col tasso alcolemico superiore al consentito, poi arrestato. Ora arriva la proposta del ministro dell’Interno Roberto Maroni, che prevede il reato di omicidio stradale in casi simili.

Cosa ne pensa?
«Sia io che mio marito siamo d’accordissimo».
Piena condivisione dunque della proposta di introdurre questa fattispecie di reato per chi guida sotto l’effetto di alcol e sostanze stupefacenti?
«Questo è sicuro, ma mi spingerei oltre».
Cosa intende?
«Addebiterei questo genere di reato, per esempio, anche a chi causa incidenti mortali viaggiando ai 200 chilometri orari, o a chi li provoca sorpassando quando c’è la doppia corsia».
Addirittura.
«Sì. Sono, in questi casi, per il ritiro della patente a vita. Chi uccide un’altra persona non deve più guidare. Però c’è un punto della proposta di Maroni che vorrei cambiare».
A cosa fa riferimento?
«Agli anni di carcere. Invece della galera, che secondo me non serve, perché peggiora le persone, la pena dovrebbe essere trasformata in altrettanti anni di attività in centri dove finiscono le persone che a seguito di un incidente hanno subìto danni gravi o permanenti. Come quello di Montecatone, nell’Imolese».
Insomma, è a favore della funzione rieducativa della pena.
«Sì. Penso sia più utile commutarla in un periodo di lavoro in attività sociali».
Che provvedimenti sono stati presi nei confronti del giovane che provocò l’incidente dove persero la vita Giorgia e Perla?
«A questo ragazzo hanno ritirato la patente per sei mesi per guida in stato di ebbrezza. Poi gli è stata ridata».
Dunque è tornato in strada?
«Sì, guida come prima».
A che punto è il percorso giudiziario della vicenda?
«L’ultima udienza è fissata al prossimo 7 novembre».
Ci sono possibilità di accordo tra le parti?
«Il ragazzo ha chiesto di patteggiare la pena. Deciderà il giudice. Per quanto ci riguarda non faremo alcun passo indietro».
Crede che la proposta di Maroni possa concretizzarsi?
«Penso di sì, perché ha l’appoggio dell’opinione pubblica». (di LUCA BERTACCINI)