Forlì, 7 novembre 2011 - Vedere le foto di com’era ridotta Vernazza dopo l’alluvione è stato uno choc. Ero in ufficio a Bologna e nessuno capiva quello che provavo. La mia terra, i miei sassi, la mia gente, i tre dispersi! Ho chiamato subito la mia amica Laura per sapere di sua mamma, per fortuna stava bene, era stata evacuata da Vernazza. Evacuata? Non c’è stata scelta, i monti alle spalle del paese dopo mesi di aridità sono stati trascinati già dalle acque, la morfologia del paesaggio è cambiata. Le strade di Vernazza sono sommerse da cinque metri di detriti. I piani terra non esistono più, i commercianti hanno perso tutto, il negozio di alimentari, la farmacia seppelliti… Solo grazie al sindaco Resasco non è stata una strage.

Il mio cuore e la mia testa dal 25 ottobre sono là, vorrei andare ma non posso: il lavoro, il bambino piccolo. Per il momento mi accontento di Facebook, ogni giorno appena sveglia lo controllo dal cellulare e ogni momento libero della giornata leggo quello che scrivono gli amici e i parenti per vedere se ci sono novità, per condividere foto dell’avanzamento lavori. Le ruspe scavano 24 ore al giorno. Mi commuovo a sentire i racconti degli altri paesi che corrono in aiuto: da Levanto ogni mattina chiedono cosa serve di fresco, con le barche portano il pesce, le uova, il latte. Da Corniglia i primi giorni col mare grosso le persone venivano a piedi per aiutare. Riomaggiore ogni sera via mare riceve sacchetti di abiti sporchi con scritto il nome e li restituisce al mattino lavati e asciugati.

Io ho perso solo la barca. Un gozzo rosso di quattro metri e mezzo che si chiamava Betty, come mia sorella. Sono tra le persone più fortunate di Vernazza. Casa mia è stata solo sfiorata dal fango. Mio papà è nato là nel 1944, in quella casa proprio sopra alla spiaggia, dove il miglior passatempo è stare affacciati alla finestra e guardare il movimento di turisti americani o rilassarsi con l’atmosfera al tramonto, mentre le rondini girano sopra alla spiaggia e le campane scandiscono il tempo suonando ogni mezz’ora. Oppure chiacchierare con i vernazzesi e prendersi in giro. Si perché il modo per comunicare a Vernazza è lo sfottò, senza fare complimenti, puntare dritto ai difetti delle persone tanto ne abbiamo tutti. In Emilia Romagna è diverso. Il ligure ha un carattere particolare, è scontroso perché diffidente ma se ti guadagni la sua fiducia è per sempre.

Ma perché questo legame così radicato con Vernazza? Fin da bambina ho viaggiato, ho vissuto in diverse regioni d’Italia per il lavoro di mio padre, da grande ho viaggiato per passione, ora ho deciso di abitare a Forlimpopoli. Mi sono trasferita perché ero stanca dei ritmi di Bologna e poi ci abitava la mia migliore amica: ho trovato l’amore ed è venuto anche un figlio. Tre anni fa dissi a mio marito: viviamo nella tua terra ma almeno il matrimonio lo facciamo nella mia, Vernazza. Ecco l’unica tappa fissa che ogni estate, ogni Natale, ogni Pasqua, ogni ponte mi ha sempre richiamata. E non è perche a Vernazza ho i parenti (in paese si è parenti quasi con tutti!) o perché è patrimonio dell’Unesco. E’ che le prime esperienze le ho fatte là: ho imparato a nuotare, a portare la barca, dietro gli scogli del molo con le amiche per raccontarsi come si bacia alla francese, per poi metterlo in atto sotto al cimitero. I primi baci a Vernazza li danno tutti sotto al cimitero: anche se la strada è ripida, lassù almeno sei sicuro che nessuno ti veda.

A Vernazza conosci ogni scoglio, perché gli scogli hanno i nomi, sono i punti di riferimento: il 71, l’egua piscia (una cascata di acqua dolce che scende dalla montagna al mare) o la tana della maimuna, una grotta in cui puoi entrare con la barca per oltre dieci metri). Vernazza è un rifugio, è dentro ad una bolla, sembra che lì il tempo si sia fermato, un paese che conserva gelosamente le proprie tradizioni e i propri riti. Quando la città ti ha stancato corri lì e in due giorni ti sembra di non averla mai lasciata. Anche la camminata a Vernazza diventa più lenta: quante volte mi sono sentita dire, passeggiando a poche ore dal mio arrivo, «vai piano, hai ancora il passo da città, Vernazza è corta».

Se volete rendervi conto davvero di cosa è successo a Vernazza il 25 ottobre leggete su Facebook la lettera che ha scritto Valentino, la trovate nel gruppo ‘Associazione per Vernazza futura’: racconta ogni momento il modo in cui si sono ritrovati con la gelateria allagata e suo papà trascinato via. E’ ad oggi uno dei tre dispersi. Ultima cosa: in questi giorni quotidiani e tv sono invasi da coordinate iban e richieste di donazioni. I vernazzesi ci tengono molto a far sapere che il loro paese ha costituto un conto corrente specifico. Gli estremi sono: beneficiario ‘Per Vernazza futura’, UBI San Giorgio con sede in via Chiodo 115 La Spezia Iban IT 37 Q 05526 10730 000000001616. Grazie. E vedrete: conoscendo il carattere dei liguri, a Natale (l’ha promesso il sindaco) ci vedrete brindare tutti insieme in piazza.