Forlì, 23 gennaio 2012 - HA PASSATO l’estate in bicicletta a controllare ogni senso unico, ogni divieto, ogni bus, ogni semaforo. Doveva preparare la tesi, e il suo libro di riferimento è stata Forlì. O, meglio, il trasporto pubblico cittadino. Francesco Betti, 27 anni, si è laureato qualche mese fa in Ingegneria dei sistemi edilizi e urbani. La sua ambizione? Ridisegnare la mappa dei trasporti della città.
Come le è venuto in mente di buttarsi in questa impresa?
«I trasporti sono un tema che mi ha sempre appassionato. Secondo me scommettere sulla mobilità sostenibile non vuol dire solo migliorare la rete dei trasporti ma anche cambiare la vita di una città sia dal punto di vista economico che sociale».
Bene. Ora lo ripeta con calma ai forlivesi, allergici agli autobus.
«In effetti non siamo proprio dei bus-dipendenti. Certo, ripensare i trasporti di una città significa proiettarsi nel lungo periodo. Non si può credere che cambiamenti del genere avvengano nel giro di una manciata di mesi».
Intanto però il suo progetto c’è. Provi a raccontarcelo.
«Allora, innanzitutto ho studiato la mappa della nostra città punto per punto per arrivare ad individuare delle macroaree. Ho passato l’estate in bici proprio per percorrere tutte le strade del centro: in questo modo ho capito nelle varie zone cosa c’è e cosa servirebbe in termini di mobilità».
Si spieghi meglio.
«Ho diviso le varie aree della città in cinque categorie, per capire cosa avevo davanti: shopping; negozi intesi come servizi alla residenza (supermercati, calzolai, lavanderie...); negozi a gestione e clientela straniera; terziario aperto al pubblico e locali. Fatto questo, ho ripartito in sezioni la mappa della città cercando di capire quali tipi di trasporti sarebbero stati più funzionali nelle varie aree di riferimento».
Qualche esempio?
«Allora: zona piazza Saffi. Qui ci sono le poste, il tribunale e vari altri uffici. La gente deve poterci arrivare liberamente, sbrigare le proprie pratiche e poter poi andar via velocemente. Qui serve poter entrare nelle aree limitrofe. Insomma, alla base del mio ragionamento c’è il pensiero che la mobilità della città deve andare di pari passo alla realtà della città stessa».
Quindi?
«Pedonalizziamo le aree dello shopping, dove la gente deve poter passeggiare e guardarsi intorno. Penso ai corsi Repubblica e Mazzini, che di giorno dovrebbero essere chiusi al traffico. Ma rendiamo raggiungibili in maniera immediata i luoghi dove bisogna andare per svolgere determinate commissioni quotidiane. Grazie a questa razionalizzazione si può passare alla reale valorizzazione dell’esistente».
In che modo?
«Se si conosce a fondo in quale maniera sono distribuite le attività cittadine è possibile capire in quale direzione dirigere il traffico e il trasporto pubblico».
Forlì è una città che sta cercando di riscoprire la sua vocazione turistica. Anche in questo caso il trasporto pubblico è determinante, perché mette in luce la vivibilità.
«Certo. Per questo trovo assurdo il modo in cui è collegata la stazione ferroviaria, che per molti è la porta dalla quale si entra a Forlì».
Assurdo?
«Beh, in stazione passano giusto un paio di linee. Zero collegamenti con l’ospedale, un’eccellenza della nostra città che però resta difficilmente raggiungibile. Pensi di arrivare a Forlì da fuori per una visita: come ci arriva al Morgagni? Dovrà studiarsi tutte le tratte cittadine. Ecco, una cosa non proprio immediata».
In piazza Saffi però gli autobus ci sono, eccome.
«Sì, una concentrazione superiore ai reali bisogni. Quante volte passo per via Regnoli, giusto per fare un esempio, e incontro autobus di grandi dimensioni praticamente semivuoti? Mi sembra poco razionale».
Se ci sono non vanno bene, se si usano quelli piccoli la gente si lamenta che straripano. Non se ne esce.
«Certo, perché non rispecchiano le reali esigenze dell’utenza».
Mentre invece usando il suo studio... Senta, ma l’ha mai fatto vedere in Comune?
«In realtà ho scritto, ma non mi hanno mai risposto».
Beh, chissà, ora che è ingegnere...
«Veramente faccio il rilevatore per il censimento. Ma di questi tempi basta lavorare».
Allora aggiunga al suo progetto una proposta. Chissà, magari qualcuno l’ascolterà.
«Ha presente le navette che girano in centro?».
Sì. Ci siamo saliti nel periodo natalizio per capire quanto fossero frequentate. Nel deserto c’è più gente.
«Secondo me bisognerebbe usare solo quelle per girare nel cuore della città. Basta mezzi giganti, basta ingombro eccessivo nelle nostre strade, alcune delle quali strettissime e nate non certo per sopportare mezzi di grosse dimensioni. E corse e ingressi alle auto razionalizzati in base alle esigenze dei cittadini».
Secondo la sua mappa. Abbiamo capito: pedonalizzazione nelle aree dello shopping, sosta non vietata nelle aree dei servizi eccetera. Ok. Ma tanto i forlivesi i bus non li prendono.
«Per rendere attrattiva la mobilità sostenibile bisogna stimolare l’intermodalità».
Tradotto?
«Lo scambio tra vari mezzi: lascio l’auto o la bici e salgo sul bus, per dirne una. Servono azioni forti. In questo senso l’idea dei parcheggi scambiatori è utilissima, ma andrebbe ripensata in concerto con i reali bisogni del forlivese medio».
Ci siamo dimenticati la cosa più importante. Che voto ha preso in sede di discussione?
«104. Sono stato contentissimo. E mi è piaciuto davvero lavorare su qualcosa che mi interessa da sempre».
Insomma, per chi volesse...
«Esatto. La tesi è qui, le mie idee pure».