Forlì, 27 febbraio 2012 - LE BUGIE, si sa, fanno male. Possono far male al cuore di chi ama, un dolore tutto interiore che offusca la ragione, si tramuta in rabbia e sfocia in reazioni assolutamente imprevedibili. Ma di cosa è capace il cuore di una donna tradita, ferita nell’orgoglio? Atti estremi, forse persino contro-natura, come restituire quel dolore. Restituirlo fisicamente.

È IL CLASSICO triangolo: lui, lei, l’altra. Siamo a Forlimpopoli, quasi al confine con Cesena. Lui decide di incontrare l’amante, 52enne, a casa. La moglie, 46 anni e tre figli, si è assentata per un un po’, o almeno così crede lui. Poi la scena si complica e quell’incontro, che mai avrebbe dovuto verificarsi — lui, lei, l’altra tra le stesse quattro mura — si trasforma in un match. La moglie probabilmente nutre già qualche sospetto sulla relazione extraconiugale, ma vederli insieme è troppo.

E scatta la lite, violenta, violentissima: le due donne vengono alle mani, sono inseparabili. La rabbia improvvisamente trova una valvola di sfogo nelle percosse. Poi il gesto estremo, imprevedibile, la restituzione di quel dolore: la moglie afferra la mano dell’altra e digrigna i denti. Un morso feroce al pollice sinistro che improvvisamente schizza via, tranciato. Solo che poi la scena si tinge di mistero, di particolari inquietanti: quel dito non viene mai più ritrovato. All’arrivo della polizia e del 118, la ricerca è forsennata, ma niente. Come volatilizzato. Nella foga del momento, dicono gli inquirenti, la donna potrebbe averlo ingerito.

CANNIBALISMO? L’ultima parola spetterà al giudice. La donna, che da ‘vittima’ diventa imputata, dovrà presentarsi il 25 maggio davanti al gip Rita Chierici per l’udienza preliminare.
Il sostituto procuratore Alessandro Mancini le ha contestato il reato di lesioni gravissime e l’indebolimento permanente di un organo. Dopo mesi e mesi di perizie mediche — l’amputazione del dito è stata certificata dalla dottoressa Donatella Fedeli — il pm ha infatti chiesto il rinvio a giudizio della 46enne. La parte lesa, difesa dall’avvocato Giovanni Principato, si è costituita infine parte civile nel processo e ha chiesto un risarcimento di 250mila euro.