Forlì, 14 aprile 2012 - LA SUA è una storia di conversione. Angelo Izzo, 28 anni, residente a Predappio, fino a tre anni fa era un cattolico non troppo convinto della sua fede. Poi, nel 2009, ha deciso di cambiare la sua vita. Partendo dalla spiritualità. «Ho trovato nell’Islam le risposte che cercavo». Un percorso interiore durato circa otto mesi. La ‘shahada’ — la testimonianza di fede — ha sancito la sua conversione.
«Oggi il mio nome è Abdurrahimen Angelo», precisa.
Come è cominciato il suo percorso?
«È accaduto tutto nel 2009. Ero alla ricerca di Dio. Nel 2009 ho conosciuto l’Islam grazie ad alcuni amici del Marocco. Ho sentito una vocazione, una forza interiore che mi indirizzava verso quella strada. Ho scelto di diventare musulmano. Oggi sono in pace con me stesso. Mi sento parte di una comunità di cui condivido i valori».
E prima?
«Ero cattolico, ma non praticante. Non mi è mai piaciuto l’ordine ecclesiastico. E poi mi ritrovo perfettamente nello stile di vita musulmano. Niente fumo, niente alcol, niente discoteca. Per quanto mi riguarda, la conversione è avvenuta nel mese di agosto del 2009, ma già a gennaio ho cominciato a seguire le regole di vita dell’Islam. Non mangiavo carne di maiale, non frequentavo discoteche, non bevevo e non fumavo, proprio come ora. Trovo i valori morali di questa religione più dignitosi».
Com’è avvenuta la conversione?
«Ho testimoniato che non c’è divinità se non Allah e che Maometto è il suo profeta. Tutto deve avvenire alla presenza di testimoni. La ‘shahada’ è uno dei cinque pilastri dell’Islam, insieme alle preghiere rituali, all’elemosina canonica, al digiuno durante il mese di Ramadan, al pellegrinaggio a La Mecca una volta nella vita».
Quante volte al giorno prega?
«Cinque volte, come tutti».
Il vostro luogo di preghiera è la moschea: a Forlì ce n’è una in via Fossato Vecchio, presto potreste avere a disposizione la struttura di via Masetti.
«In via Fossato Vecchio gli spazi sono ristretti. Il vantaggio non sarebbe solo nostro, ma di tutti i forlivesi. In altre città le moschee si trovano nelle zone industriali per evitare problemi di tipo logistico. Pensi a centinaia di persone che si trasferiscono con ogni mezzo in moschea nel momento della preghiera. In una zona più defilata sarebbe tutto più tranquillo».
Ha contribuito anche lei alla raccolta dei fondi per l’acquisto del capannone di via Masetti?
«Ho contribuito secondo le mie possibilità. Uno dei pilastri dell’Islam è l’elemosina legale, che prevede la donazione annuale del 2,5 per cento del capitale in eccesso a quello dei bisogni primari. È tutto trasparente, c’è un libro in cui si tengono conto delle entrate e delle uscite del centro culturale. Ne abbiamo parlato anche ai rappresentanti del Comune e dei partiti durante l’incontro del 22 marzo, al quale ero presente».
Troppi, secondo lei, sei mesi per avere la nuova moschea?
«Sappiamo che il problema è la variante urbanistica. Ne parliamo da anni, speriamo che tutto venga risolto in tempi brevi. Sarebbe un passo importante verso l’integrazione. La comunità musulmana non vuole regali, dal momento che la struttura è stata regolarmente acquistata».
Cosa risponde a chi teme legami con i movimenti islamici più radicali?
«Nei nostri incontri parliamo di spiritualità, non di politica. Siamo disponibili a ogni controllo, in via Fossato Vecchio c’è già una telecamera che punta sulla moschea ventiquattro ore su ventiquattro. A Forlì non c’è alcun problema. Qui non ci sono estremisti. Se ci fossero, saremmo noi a combatterli. L’Islam è pace, l’estremismo è tutt’altra cosa».

di Giuseppe Catapano