Forlì, 27 aprile 2012 - PER non aver pagato 2 milioni di tasse (compresi interessi e sanzioni). E per aver indebitamente succhiato 400mila euro da una sua società, la ‘Nikenny Corporation’, che faceva affari con un’industria di caffè della Malesia; 400mila euro poi dirottati in uno ‘scudo’ tra San Marino e Italia, ossia tra Istituto bancario sammarinese e Credito di Romagna.

ACCUSE. Ipotesi di reato — firmate dal capo della procura di Forlì Sergio Sottani e dal sostituto procuratore della Repubblica Fabio Di Vizio — che hanno un obiettivo: Gianluca Pini. Ancora lui, il fidato, fidatissimo, di Bobo Maroni, l’ex ministro e numero uno in pectore della Lega del dopo Bossi. Pini è già indagato dalla procura per millantato credito (per la storia dei presunti 15mila euro incassati da un aspirante notaio che Pini avrebbe dovuto aiutare in un concorso pubblico). Ora dai colonnati di piazzale Beccaria sbuca questa nuova trama.

PINI risulta iscritto nel registro degli indagati della procura di Forlì in relazione a due ipotesi incriminatorie: violazione del decreto legislativo 74 del 2000, legge regina sui reati tributari; e appropriazione indebita. Il primo schema investigativo è legato a una presunta evasione fiscale. Tutto parte nel 2001. Quando Pini fonda la ‘Nikenny’, che dalla Cina trasferisce in Italia chip elettronici. Qualche anno dopo la ditta cambia pelle. Dai software si passa al caffè; quello malese. Dalle terre di Sandokan la ‘Nikenny’ comincia l’import di ginseng e affini. Ma che succede? La Finanza scopre diverse irregolarità su Ires (Imposta sul reddito delle società) Iva e Irap (Imposta sulle attività produttive). I verbali arrivano all’Agenzia delle entrate. La commissione tributaria regionale (il 25 ottobre 2010) conferma l’accertamento (tutto è ora pendente in Cassazione).

Ma per la procura, Pini — verbalizzano Sottani e Di Vizio — «al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte... compiva atti fraudolenti...». Quali atti? Pini — rimarca l’accusa — ‘svuota’ le casse della Nikenny e con atto notarile del 28 dicembre 2010 plasma la ‘Gold Choice Europe’, che sostituisce la Nikenny nell’importazione di caffè malese. Nell’ottica accusatoria, l’operazione sarebbe servita a «rendere difficile il recupero coattivo del credito tributario... recupero che avrebbe portato al fallimento della Nikenny...».

Dal portafoglio della Nikenny sarebbero quindi spariti 400mila euro. Che fine han fatto? Per l’accusa sarebbero stati scudati da San Marino all’Italia e poi tramutati in obbligazioni di Credito di Romagna. Ora la procura ha intenzione di interrogare Pini. Quando? Forse la prossima settimana. Accetterà l’invito, Pini? (per il millantato credito ha rifiutato).

 Maurizio Burnacci