Forlì, 11 ottobre 2012 - Quella sera torna a casa sotto choc. Non sa che fare. Cercare di dormire? Raccontare tutto a qualche amica? O andare dalla polizia? Sceglie la prima strada. Va a dormire. “Avevo paura — dirà poi agli inquirenti —... Ero terrorizzata da quel tipo... Ero sconvolta per quello che era successo...”. Cos’era successo? "Mi ha violentata...”.

Il fermo di polizia giudiziaria parla di violenza sessuale, lesioni, minacce e appropriazione indebita: in manette è finito Mohamed Alì Bouzid, 27 anni, marocchino. Non uno stinco di santo (ha diversi precedenti, per droga). Ma per ora — contro di lui — c’è solo la parola della ragazza, 29 anni, forlivese. Il giovane — clandestino —- non ha pronunciato una sillaba ai poliziotti della Squadra mobile di Ravenna che l’hanno bloccato martedì sera vicino a Lido Adriano (Ravenna). È lì che vive, tra un ricovero di fortuna e l’altro. Domani il magrebino finirà davanti al giudice, per l’interrogatorio di garanzia. Lì potrebbe parlare. Dire qualcosa in sua discolpa. Ma non è detto. Forse si chiuderà nel suo mutismo. Sperando — aspettando — che tutto finisca in una bolla di sapone. Adesso però i guai per lui sembrano seri.

Tutto comincia all’inizio di settembre. La 29enne forlivese si spinge verso Ravenna. Il suo obiettivo, la droga. Una dose di cocaina. "Ogni tanto me ne compro un po’..." ammette ai poliziotti della Squadra mobile di Forlì che per primi raccolgono la sua confessione. Nel suo telefonino è archiviato il numero di uno spacciatore. Un tizio conosciuto. Da tutti. Chiunque abbia bisogno di una ‘pallina’ di coca sa a chi rivolgersi. Va da lui. (E per questo lo conoscono bene anche le forze dell’ordine di Ravenna). La giovane arriva a Lido Adriano. È lì che si strova il pusher. Già altre volte aveva comprato da lui. Lei si avvicina. Il ragazzo va subito al sodo: “Questa è la droga, fuori i soldi”. Nessuno sconto. Lei però s’accorge di essere al verde. O forse già lo sapeva e sperava in un pizzico di magnanimità del magrebino. Che invece si fa minaccioso: “Non hai i soldi? Bene, allora niente droga”.

In quel momento sale la tensione. Il ragazzo non accetta vie d’uscita. Lei allora è costretta a cedere: “Per i soldi devo tornare a casa...". Il pusher è di ghiaccio: “Guarda, allora facciamo così: tu adesso mi dai il cellulare... Lo tengo come garanzia... Quando torni a darmi i soldi te lo restituisco...”.

La scena riprende qualche giorno dopo: stando al racconto della ragazza, siamo al 17 settembre. Lei torna a Ravenna. Anzi, a Lido Adriano. Il marocchino la attende in un parcheggio. Lei si avvicina, rivuole il cellulare. Lui glielo allunga. Lei fa per prenderlo ma lui le blocca la mano. “Mi ha buttata in macchina e mi ha stuprata...” dice la ragazza ai poliziotti di Forlì (dov’era andata solo per denunciare la sparizione del cellulare; poi però la ragazza crolla e racconta tutto). Scatta l’indagine. La giovane non sa il nome del pusher. Ma fa una descrizione precisa di quel tipo. Le vengono fatte vedere una serie di foto. Lei non ha dubbi: “È lui".