Forlì; 20 agosto 2013 - COME può ridursi una città che per quindici anni getta i soldi — di tutti — in un pozzo senza fondo? Laggiù si annidava un «mostro finanziario», così lo definiscono gli investigatori, che in troppi hanno fatto finta di non vedere. Amministratori, imprenditori, associazioni economiche, fino ai massimi livelli della politica locale: sindaci e presidenti di provincia.

L’indagine per ora sfiora soltanto la politica (tre ex assessori nei guai), ma sono altre le responsabilità. Il sistema-Sapro viene ancora oggi difeso a spada tratta dagli amministratori dell’epoca. Faceva comodo, persino alle banche, che speravano di riscuotere a tassi maggiorati e oggi si trovano a vantare un credito sproporzionato, 85 milioni di euro. Certo, i terreni sono in vendita: ma i loro prezzi erano gonfiati prima della crisi, figuratevi oggi. Quello che entrerà in cassa non servirà a lenire una beffa terribile. Soldi bruciati, probabilmente per sempre, da una città-cicala che li ha sprecati quando ancora l’economia girava. E’ questa la responsabilità di una classe dirigente di ex Ds ed ex Dc che ancora oggi riempie le caselle del potere cittadino.
 

Come farebbe comodo adesso, quel tesoro di 110 milioni persi in un pazzo monopoli: a Forlì è chiuso perfino l’aeroporto. Ne basterebbero 5, di quei milioni, per rilevare l’attività e ripartire. Intanto le imprese chiudono, emigrano, non riescono a ottenere credito, e tanti giovani si devono scordare di accendere un mutuo. Forlì ha già pagato abbastanza, ora tocca ai veri responsabili.

Marco Bilancioni