Forlì, 4 febbraio 2014 - «FARINA doppio zero, strutto, marsala, anice, latte, acqua e sale: ecco gli ingredienti ‘segreti’ della vera piadina della Madonna», rivela Ede Bacchi, da ben cinquant’anni titolare della pasticceria Genovese di via delle Torri, «ultimamente sono state introdotte tante varietà di piadina, ma noi continuiamo sulla nostra strada e prepariamo solo quella tradizionale e quella con l’aggiunta di crema, nient’altro. La tradizione è sempre apprezzata in cucina, è la tasca che oggi non è più piena come una volta e anche le piadine si vendono un po’meno, ma non certo perché non piacciano più come una volta. Noi ne sforniamo ogni anno moltissime e poi le distribuiamo anche ai vari supermercati. La tradizione ha radici profonde tant’è che alcune signore ogni anno vengono in negozio e le comprano per i nipotini e, addirittura, anche per gli animali di casa: si dice che, così come si fa con il pane di Sant’Antonio, porti fortuna e salvi dai malanni».

IL PASTICCIERE de La Loggia di corso Garibaldi, ora con un nuovo punto vendita anche in corso della Repubblica, conosce bene la tradizione che si nasconde dietro al dolce tipico: «Si dice che, tanto tempo fa, durante una carestia, i doni votivi che i forlivesi avevano offerto alla Madonna del Fuoco siano stati venduti e il ricavato utilizzato per impastare un pane dolce che poi fu distribuito ai poveri. Oggi la pronipote di quel pane è la piadina della Madonna del Fuoco. I forlivesi le sono molto affezionati». Annalisa Ortolani, titolare dell’attività, precisa: «Ricordo che l’anno scorso ne sfornammo mille, tra quelle tradizionali con l’anice e quelle rivedute e corrette con crema o gocce di cioccolato. Dai 25 anni in su i forlivesi ne vanno letteralmente matti. Noi lavoriamo qui da 16 anni e non ricordo un solo anno in cui non abbiamo preparato centinaia di piadine dolci».

MA LA PIADINA che troviamo oggi nei negozi non è certo la stessa di un tempo, a dirlo è Floriano Fuzzi, titolare della pasticceria Fuzzi di Corso Diaz: «La piadina della Madonna non è altro che pasta lievitata con semi d’anice e crema, un dolce semplice che in origine lo era ancora di più: non era altro che pane con l’anice e un po’ di zucchero, ma con il passare del tempo noi pasticcieri siamo inevitabilmente andati incontro ai gusti più moderni dei nostri clienti che cambiano continuamente. Ma, alla fine, mode a parte, le persone sono sempre sentimentalmente legate alle proprie tradizioni».

Sofia Nardi