Forlì, 24 giugno 2014 - SI CHIAMA Pos il nuovo spauracchio per le piccole imprese e i liberi professionisti. Dal 30 giugno, per effetto di una legge, tutti i soggetti che hanno a che fare col ‘consumatore utente’, sono obbligati ad accettare per importi superiori ai 30 euro pagamenti col bancomat.
 

La norma è sorta con la buona intenzione di limitare l’evasione fiscale e andare incontro alle persone che per prudenza non girano con le tasche piene di contanti. Il problema è l’applicazione. Ormai negozi, bar e ristoranti sono tutti attrezzati. Ma come fanno gli ambulanti e soprattutto idraulici, tappezzieri ed elettricisti che hanno come base della propria attività un garage o un piccolo magazzino?

«Solo nel nostro territorio sono migliaia le imprese e i professionisti che dovrebbero attivare il Pos nei prossimi giorni — dice Marco Laghi, responsabile servizi Crea Impresa di Cna —. Molti sono contrari, perché ciò comporta aggravi burocratici ed economici». Già, infatti c’è il tema dei costi. I Pos si dividono infatti in fissi e mobili. «Con i primi — continua Laghi — l’operatore versa un canone mensile, per esempio di 20 euro, più una percentuale sulla singola transazione, che di norma varia dallo 0,4 allo 0,5%. I mobili invece prevedono solo la commissione sui pagamenti, ma occorre anche sottoscrivere un abbonamento con un gestore di telefonia mobile».


COSA succede se l’impresa il 30 giugno non si mette in regola? Niente. Paradosso all’italiana: non sono previste sanzioni. Tuttavia la ditta o il professionista dovranno avvisare subito il cliente che non accetteranno il bancomat, col rischio di perderlo.


Come risolvere la questione? Rete Imprese Italia ha chiesto al governo di far slittare la scadenza, alzare il limite ben oltre i 30 euro e di esentare dall’obbligo le categorie economiche a basso margine di redditività. «IN UN PERIODO così critico per tante aziende, bisognerebbe trovare il modo di azzerare i costi per le imprese oppure di ridurli al minimo — conclude il funzionario Cna — . Del resto, fino a poco tempo fa si pagavano 5 euro di ‘tassa’ sulle ricariche telefoniche, poi fu abolita. Si tratta di trovare la soluzione con l’impatto più morbido per gli operatori economici».
 

fa. gav.