Forlì, 6 gennaio 2012 - Tony Easley, ha visto la partita ieri sera?
«Certo! Tutta. E con la mia vecchia maglietta della Marco Polo addosso...».

Una partita vinta senza un pivot, lei, e senza un americano, lei. Che impressione le hanno fatto i suoi ex compagni?
«Ci hanno messo un gran cuore e intensità. Hanno giocato duro. Forlì ha entrambe queste caratteristiche e con quelle si possono vincere molte partite».

Anche lei ha giocato una super partita contro la Scavolini al suo debutto casalingo a Sassari. Sorpreso?
«Sono sorpreso come tutti. Prima ero veramente nervoso, sentivo di dover dimostrare di saper giocare in serie A. I compagni mi hanno aiutato molto».

Il complimento che le ha fatto più piacere?
«Da James White di Pesaro. Che fino al giorno prima non sapeva nemmeno chi fossi».

Dalla Polonia alla serie A: si sente in una favola?
«Tutta la mia carriera lo è... Alle scuole medie ero stato tagliato dalla squadra della scuola, ma volevo così tanto starci che chiesi di andare in panchina come manager. Restavo prima e dopo l’allenamento, finché mia madre non tornava a prendermi... Mi sono dovuto guadagnare tutto. In Polonia è stata una situazione difficile. Ora sono a Sassari: sì, è una favola».

Come sta in Sardegna?
«La prima volta mi sembrava di essere un bambino in una nuova scuola. Ma la città è bella, anche se l’ho vista poco, abbiamo giocato tanto in questi giorni. E anche i tifosi mi ricordano tanto quelli di Forlì: sento il loro amore».

Il cibo?
«Non avevo mai mangiato i frutti di mare! Sai, io sono nato in una città lontana dal mare, mentre questa è un’isola... La differenza più grande da Forlì è che qua non posso trovare piadina e salame. Amo piadina e salame».

La serie A è facile come la Legadue?
«Beh (ride), la Legadue non è così facile. Qui i giocatori sono un bel po’ più grossi. E so di essere un centro molto magro. Devo giocare con ancora più energia e lotta. Sarà una sfida, ma mi piacciono le sfide».

Perché ha lasciato Forlì?
«Era un’opportunità di quelle che capitano una volta nella vita. E’ accaduto tutto così in fretta che non ho avuto tempo di salutare...».

Quando l’ha saputo?
«Dopo Verona. Ho fatto una doccia e mi ha chiamato il mio agente. Forlì mi ha dato il via libera. All’una e mezza del giorno dopo ero sul volo per Sassari».

Se ripensa a Forlì?
«Sono triste perché ero innamorato della città e della gente».

Qualcuno le ha accennato a problemi economici di Forlì?
«No, non so perché sono stato ceduto. Ma penso che sia stata una buona opportunità per tutti».

Cosa ne pensa della situazione della Marco Polo ora?
«Ho fiducia nella società».

Mandi un messaggio ai suoi ex compagni e ai tifosi.
«Sento ancora tutti i miei fratelli di Fulgor (dice proprio così: my Fulgor brothers). Spero di venire presto a trovarli. Mi mancano».

Quanto è stato importante Vucinic per la sua crescita?
«Molto. E’ stato l’unico coach a vedere in me più potenziale di quello che io stesso vedessi. Mi ha sempre incoraggiato. Mi ha motivato a lavorare duro. Con lui ho imparato tanto, dentro e fuori dal campo».

Quante schiacciate ha già fatto a Sassari?
«Solo due...».

Scelga la più bella a Forlì.
«L’alley hoop di Austin contro Jesi. E’ la mia preferita in assoluto. E saperte perché? Perché ho sentito il calore della folla e dei miei compagni. L’ho rivista anche su YouTube, ci sono Freeman e Huff che urlano insieme a me».