Martedì 23 Aprile 2024

Il calendario di Bruxelles

di Andrea Cangini

NON un dubbio, un’obiezione, un «però». Nessuno stupore. Hanno tutti accettato come naturale il fatto che ad esprimere il primo giudizio sulla manovra economica italiana, la prima manovra economica d’un governo nuovo, fosse la vecchia Commissione europea. E come se un marito fosse costretto a discutere l’acquisto di una casa, e il relativo indebitamento, con l’ex moglie piuttosto che con quella attuale. E’ un’assurdità, un’insensatezza evidente. A fine maggio abbiamo eletto un nuovo europarlamento, nei giorni scorsi il nuovo europarlamento ha votato la fiducia a una nuova Commissione, la nuova Commissione si insedierà tra una manciata di giorni. Eppure, il governo italiano ha dovuto difendere il proprio interesse nazionale trattando con un signore, il presidente uscente Manuel Barroso, disoccupato a Bruxelles e in cerca di occupazione nella sua Lisbona. Gravando la mano sull’Italia, Barroso ha ritenuto di rafforzare il profilo politico che intende costruirsi in Portogallo. Non pensa al futuro dell’Europa, pensa al futuro proprio. Ed è perfettamente legittimo che sia così. Il problema non è Barroso, infatti, è il sistema.

CHI HA l’ardire di domandare agli «esperti» la spiegazione di quest’assurdità giuridica si sente rispondere così: «È solo un problema di calendario». Nel senso che è previsto che le leggi di stabilità degli stati membri arrivino a Bruxelles il 15 ottobre e che a giudicarle sia chi in quei giorni si trova formalmente in carica. A Bruxelles, il calendario conta più della ragione politica. Niente di nuovo, in fondo. È dalla firma del Trattato di Maastricht del 1992 che gli stati membri sono ancorati al rispetto di un parametro ormai noto: il 3% nel rapporto tra deficit e Pil. Perché il 3%? «Fu una scelta casuale», ha ammesso anni dopo l’economista francese che si inventò quel parametro. Si chiama Gui Abeille, e sta ancora ridendo. Ma all’orgoglio di monsieur Abeille corrisponde un pregiudizio nei confronti della politica e in fondo della realtà. Cambiano i cicli economici, cambiano i protagonisti politici, solo una cosa resta inalterata nei decenni: il calendario di Bruxelles e i numeri che si porta dietro. Numeri da cui dipende il benessere degli stati membri; numeri scelti a caso.

di Andrea Cangini