Imam espulso, gli islamici lo evitarono: "Estremista"

L’amarezza del comandante dei vigili: "Garage per il culto, lo denunciai tre volte"

Mohammed Madad

Mohammed Madad

Castelnovo Monti (Reggio Emilia), 29 luglio 2016 - Emergono nuovi particolari su Mohammed Madad, 51 anni, l’imam di Felina e Gatta, spostatosi di recente da Carpineti nel Vicentino, espulso dall’Italia su ordine del ministero dell’Interno e ripmpatriato in Marocco. L’imam era stato denunciato tre volte alla procura di Reggio dal comandante della polizia municipale di Castelnovo Monti Sauro Fontanesi. «Due volte per aver utilizzato locali adibiti a garage come luogo di culto e moschee – precisa Fontanesi – poi una terza per non aver ottemperato a un’ordinanza del sindaco di messa in ripristino dei locali, ovvero rimetterli nella condizione originale di garage».

Fu lo stesso Fontanesi a chiudere la sala di Felina, in via Fratelli Kennedy, vicino all’ex cinema Ariston. «Andai con i miei collaboratori nel febbraio 2015 – racconta – mentre stavano pregando. Smisero di utilizzare i locali e li sgomberarono. Non è frequente che questo accada. Tante volte di fronte a illegalità di questa natura si tende a sottovalutarle e trascurarle. Non dev’essere la norma. Chi rispetta le regole dev’essere accolto, chi le trasgredisce fermato, e chi rappresenta una fonte di pericolo, di qualsiasi nazionalità sia, deve essere espulso. Se il sindaco non avesse insistito nel rispetto delle regole, probabilmente avremmo ancora qui questo soggetto».

Non godendo più di un grande seguito, Madad si era poi dedicato ad altre attività e si era trasferito nel Vicentino, mentre la comunità di seconda generazione apriva un nuovo centro di promozione culturale. «Collaborano e sono ben integrati – dichiara Fontanesi –. Loro stessi non volevano questo soggetto e lo avevano allontanato. Adesso aspettiamo che la comunità musulmana, onesta e corretta, si esprima e dica cosa ne pensa di lui».

Normanna Albertini, scrittrice ed ex insegnante della scuola per adulti e stranieri, racconta: «Quando sua moglie Fathia venne per la prima volta al corso, le chiesi se potevo fare una foto alla classe, lasciando fuori chi non voleva. Sorrise e disse di sì. Qualche giorno dopo tornò spaventata e tremante, chiedendomi le foto. Mi chiese di eliminarle, perché aveva peccato: nelle foto rideva, e una buona musulmana non può ridere in pubblico. Era una donna bella e colta, lui le aveva promesso che in Italia l’avrebbe fatta continuare a studiare, invece l’aveva chiusa in casa».

Alcuni profughi sudanesi e maliani, frequentanti lo stesso corso d’italiano, dopo aver ascoltato predicare Mohammed avevano scelto di andare a pregare a Reggio: «Mi avevano detto che lui era salafita – afferma Normanna – e che loro sarebbero andati a Reggio, perché i massacri dei salafiti li avevano visti nei loro Paesi. Ho sempre detto che era pericoloso, per fortuna lo hanno espulso».