Furto di ghiaia, reato prescritto: la Cesi si salva

I fatti risalgono a dodici anni fa

Il cantiere dell'asse attrezzato di Zolino (foto Isolapress)

Il cantiere dell'asse attrezzato di Zolino (foto Isolapress)

Imola, 19 settembre 2014 - CAPOLINEA: il reato si è prescritto. Finisce così, come era stato annunciato all'ultima udienza dai legali delle difese, il processo per il presunto furto di ghiaia e fresato messo in atto dalla coop edile Cesi – oggi in liquidazione coatta – ai tempi della realizzazione dell'asse attrezzato di Zolino. Ieri mattina il collegio giudicante (Castore, Pecorella e Resta) ha riconosciuto la sopraggiunta prescrizione per l'accusa di peculato in concorso che vedeva alla sbarra ben sei imputati: l'ex presidente di Cesi Rino Baroncini e l'allora direttore dei lavori Ivan Scala, difesi dall’avvocato Mariano Rossetti, il direttore dei lavori per conto del Comune Giovanni Baruzzi assistito dal legale Gino Bottiglioni, Marco Maccaferri di Cesi difeso dall’avvocato Giovanni Ferri, Nello Ravaioli e Franco Costa del Centro Leonardo dall’avvocato Mauro Pacilio.

I dodici anni e mezzo passati dai fatti contestati (2000-2002) hanno reso il processo improcedibile e l'accusa priva di una verità giudiziaria. «Prendiamo atto della decisione del Tribunale – commenta l'avvocato Bottiglioni –, ma siamo contenti a metà. Avremmo preferito un'assoluzione piena». «Non per colpa nostra è maturata la prescrizione – aggiunge il legale Rossetti –. Ci siamo impegnati al massimo per affrontare il processo al meglio, sentendo tutti i consulenti». A caldo non risulta che qualcuno degli imputati sia intenzionato a rinunciare ai termini della prescrizione e la questione, colpi di scena a parte, si chiude qui.

I FATTI contestati facevano riferimento al cantiere per la realizzazione dell’asse attrezzato di Zolino, di fronte al Centro Leonardo, tra il 2000 e il 2002. Secondo l’inchiesta della Guardia di finanza, partita nel 2004 da un esposto del Wwf regionale, in quel periodo sarebbero spariti migliaia di metri cubi di ghiaia e fresato, finiti in altri cantieri della coop edile anziché essere monetizzati al Comune che era proprietario dell’area dei lavori e quindi proprietario di quei materiali trovati sul posto. Il danno per il Comune contestato dal pm Antonello Gustapane che coordinò le indagini ammonterebbe a circa 138mila euro (1.985 metri cubi di fresato e 9.183 di ghiaia).

In una delle ultime udienze, il magistrato era arrivato a circoscrivere il reato al secondo stralcio del cantiere e il furto di materiale, secondo la procura, era stato possibile grazie al tacito consenso della società Centro Leonardo alla quale il Comune aveva affidato i lavori viari nel 1999, poi subappaltati a Cesi. Secondo le difese, Cesi effettivamente trattenne per sé del materiale, ma non di pregio. Per contratto, infatti, la coop edile avrebbe potuto impossessarsi dello scarificato d’asfalto e della terra mista a sassi, utilizzata poi nei sottomanti stradali. La ghiaia, invece, la si sarebbe potuta trovare solo a profondità maggiori e, quella trovata, sarebbe stata riutilizzata sul posto stendendola sotto alla rotonda.