Cesi, l’inizio della fine: liquidazione. "E l’azienda l’aveva anche negato"

La procedura è partita martedì. I sindacati: "Gestione folle" di Cristina Degliesposti

Gli operai della Cesi (foto Isolapress)

Gli operai della Cesi (foto Isolapress)

Imola, 11 luglio 2014 - Una bomba, forse, avrebbe fatto meno morti. Già, perché quelle parole - liquidazione coatta amministrativa - apparse a pagina sei della visura camerale di Cesi, ieri, hanno avuto l’effetto di un ordigno su quei lavoratori riuniti in assemblea ai cancelli dello stabilimento. Attendevano l’esito dell’incontro tra azienda e sindacati di categoria. All’ordine del giorno c’erano i loro ammortizzatori sociali, quei rinnovi che anche ieri non sono stati firmati.

E il motivo si è scoperto. Non per bocca della dirigenza, però, che conferma la linea del silenzio scelta fin dall’inizio. Una linea che a tanti è parsa più di negazione.

La scena. Nel pomeriggio, a presidio permanente avviato già da un giorno, le categorie sindacali hanno incontrato il presidente di Cesi Marco Lama e il direttore Francesco Sutti. «Abbiamo chiesto se eravamo ancora nelle condizioni di fare le cose da soli, viste le voci della possibile liquidazione e con un’udienza fallimentare alle porte (fissata lunedì; ndr) — spiega Riccardo Galasso della Feneal Uil —. Ci è stata negata l’esistenza di un liquidatore, così abbiamo chiesto gli ammortizzatori. L’azienda ci ha detto che non ce n’era bisogno, che avevano il presidio della situazione. Poi abbiamo capito perché: in realtà non potevano».

All’uscita dal vertice, con il presidente Lama presente, mentre i sindacalisti parlavano ai dipendenti, è arrivata una telefonata. La chiamata di chi aveva appena fatto una visura camerale, trovando nome e cognome del liquidatore: Antonio Gaiani. Data del provvedimento: martedì 8. Data di iscrizione procedura: giovedì 10 luglio. Ieri. Qualche momento di tensione, a quella notizia, riferiscono i sindacati, c’è stato. «Ora abbiamo grande apprensione per i dipendenti — dice Galasso —. Dovremo parlare con un liquidatore e le istituzioni, compresa Legacoop, per capire cosa è possibile fare per quelli che da 405 sono diventati 403 dipendenti».

«Ho parlato con il sindaco, che aprirà un tavolo di crisi territoriale — aggiunge Danilo Francesconi della Cisl —. Bisogna capire subito cosa la legge Fornero consente di fare con gli ammortizzatori in caso di liquidazione». «E’ stata una gestione folle quella portata avanti dalla dirigenza — aggiunge Cristina Raghitta, Fillea-Cisl —. Le dichiarazioni di Legacoop regionale non sono confortanti, si devono fare carico dei dipendenti. Abbiamo sempre contestato all’azienda che si sarebbe presentata con un pacchetto già fatto. Ci avevano detto che non volevano nemmeno ricorrere a procedure concorsuali, sarebbe stato meglio un concordato, almeno faceva da scudo ai creditori. Avevamo aperto un tavolo con il governatore Errani, ora puntiamo direttamente al nazionale».

Cristina Degliesposti