Crac Cesi, il sindaco: "C’era un abisso tra soci e dirigenza, tutta la cooperazione deve riflettere"

Manca fa il punto: "Sbagliato scappare" di Cristina Degliesposti

Daniele Manca (foto Dire)

Daniele Manca (foto Dire)

Imola, 25 luglio 2014 - «Il consorzio tra le cooperative emiliano-romagnole (Cesi, Cdc, Coop costruzioni e Iter, ndr) non è un progetto pronto. A questo punto, meglio lavorare fin da subito a mantenere l’occupazione nel territorio, con imprese locali che possono allargarsi o costituire nuove realtà imprenditoriali». A 24 ore dalla sottoscrizione della cassa integrazione straordinaria per un anno per i dipendenti della Cesi, il sindaco Daniele Manca dirada un po’ di nebbie sul futuro della coop di via Sabbatani. A partire proprio da quella declamata idea, targata Legacoop Emilia-Romagna, volta a creare un nuovo polo delle costruzioni in regione. Sindaco, questa lentezza del progetto lo manda definitivamente in archivio? «No, non è affatto un progetto in contrapposizione ad altri che possono crearsi. Ma se aspettiamo che quel progetto diventi concreto, finiscono gli ammortizzatori». Eppure Coop costruzioni, proprio mercoledì, ha presentato al liquidatore un avviso di interessamento. Non sarà preso in considerazione? «Sarà il liquidatore a doverlo valutare, ma personalmente credo che lo stato di salute di alcune realtà delle costruzioni oscilli tra la malattia grave e il tumore. Non possiamo essere certi che solo da una malattia si tragga qualcosa di buono». Chiaro, ma allora l’alternativa qual è? «Salvare il più possibile gli appalti che Cesi ha sul territorio e nelle regioni limitrofe, così da mantenere la forza lavoro di questa coop. La ristrutturazione del comparto delle costruzioni che mira alle grandi aggregazioni per ottenere appalti in tutta Italia non genera necessariamente occupazione a Imola. Se vinci un appalto in Campania o in Calabria piuttosto che all’estero, non porti in trasferta i lavoratori, altrimenti i costi sarebbero troppo alti e allora la commessa non diventa più conveniente». Nel circondario, invece, ci sarebbero soggetti pronti a investire? «È chiaro che non c’è un soggetto unico pronto per rilevarla tutta, facendo ripartire Cesi da dove si è fermata. Ma vedo una nuova Cesi ancora legata al territorio e alle competenze acquisite: fare strade, grandi opere pubbliche, prevenzione del dissesto idrogeologico, rigenerazione di edifici e interi quartieri. Può nascere anche un consorzio di strategia che utilizzi i lavoratori della Cesi, perché sono certo che la città saprà rispondere consapevolmente». Sono stati commessi errori da parte della dirigenza della Cesi? «Dal punto di vista delle responsabilità personali, dovrà essere il liquidatore a guardarci e a segnalare eventuali anomalie agli organi competenti. Dal punto di vista del sistema, credo che la cooperazione debba fare una riflessione». In che senso? «Personalmente sono rimasto impressionato dalla distanza di relazione tra i soci e la dirigenza, quando invece è in capo proprio ai soci la nomina della parte dirigenziale. Come si è arrivati a questo punto, che i soci scoprono a un presidio di essere finiti in liquidazione?». Il Carlino ha cercato di contattare sia l’ex dirigenza che l’ultima e altri esponenti del mondo cooperativo ma si sono come dematerializzati. Possibile? «L’ho notato, l’unico che ci ha sempre messo la faccia è stato il presidente di Legacoop Imola Domenico Olivieri. Ma non credo che faccia parte dello stile cooperativo. Nessuno deve scappare».

Cristina Degliesposti