"Io non sono quello che scappa, e in 3elle ci ho rimesso tanto"

Parla Giuliano Dall’Osso, ex presidente della coop in crisi

Giuliano Dall’Osso, presidente di 3elle fino a settembre 2013

Giuliano Dall’Osso, presidente di 3elle fino a settembre 2013

Imola, 15 novembre 2014 - «Io non sono quello che scappa e sono tra quelli che in 3elle ha lasciato cifre importanti». Giuliano Dall’Osso, ex presidente 3elle, ha guidato l’azienda sino alla fine del settembre 2013, prima di passare il testimone, pochi giorni dopo, a Tiziano Borghi. Contro di lui e contro l’operato del consiglio da lui presieduto si erano scagliati alcuni lavoratori. Ma ora Dall’Osso vuol far sentire la sua voce e mettere alcuni punti sulle i.

Da dove cominciamo?

«Intanto vorrei precisare che il vecchio consiglio non se n’è andato, come è stato sostenuto. È stato sfiduciato, che è diverso. Per più di 23 anni (dal 1989) ho guidato la 3elle e non sono quello che scappa».

Fu lei a rimettere il suo mandato?

«No, andai in assemblea a presentare la situazione e i dati dell’andamento aziendale, chiesi se c’era ancora fiducia nel mio consiglio e la risposta fu negativa. L’unica cosa che feci fu adoperarmi per trovare un nuovo cda nel giro di una settimana perché l’azienda non rimanesse ferma nemmeno un giorno».

Contestano al suo consiglio di aver bloccato i movimenti dei ‘libretti rossi’, quelli del prestito sociale. È vero?

«No. I libretti sono rimasti sempre disponibili fino a inizio 2014, quando il nuovo cda li ha bloccati. Non entro nel merito se sia giusto o sbagliato averli bloccati, ma io e almeno altri due ex consiglieri di cui ho conoscenza ci abbiamo lasciato i risparmi di una vita. Io, sette mesi prima, quando non immaginavo certo che sarei stato sfiduciato, ho prelevato alcuni risparmi perché stavo completando casa. Il resto è rimasto là».

Ci sono circa una cinquantina di soci che devono ancora finire di versare il loro capitale sociale e, con il concordato, dovranno continuare a farlo anche se la 3elle non ci sarà più. Cosa ne pensa?

«Mi dispiace molto. Nel 2013 (l’iter si conclude a dicembre, ndr) il nuovo cda ha fatto un solo socio e si potrebbe discutere se era opportuno farlo, vista la situazione. Io, nei tre anni precedenti, avevo cercato di limitare molto i nuovi soci: non più di 5-6, quando ai tempi d’oro erano anche 10-11 all’anno. Non potevo immaginare che sarebbe finita così. Le quote sociali (45mila euro in media, ndr) sono cifre importanti per un lavoratore che, di solito, si pagavano con il premio di produzione, ma negli ultimi anni la gente è dovuta andare in tasca. Ogni nuovo socio, comunque, veniva convocato da me e gli spiegavo i rischi e i benefici che quel capitale comportava».