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di CLAUDIO BOLOGNESI
— CASTEL SAN PIETRO —
OTTANT’ANNI di storia appena festeggiati che rischiano di rimanere l’ultimo compleanno prima della chiusura. La storica Malaguti con sede a Castel San Pietro è a rischio concreto di cessazione dell’attività, una chiusura che si ripercuoterebbe drammaticamente sul territorio del Circondario Imolese considerando i 180 lavoratori impiegati nello stabilimento e il migliaio che fanno parte dell’indotto, che lavorano in aziende artigiane e metal meccaniche prevalentemente di Imola per rifornire lo stabilimento di Castel San Pietro dove viene poi effettuato l’assemblaggio.
«DA DUE anni gli operai sono a rotazione in cassa integrazione ordinaria, ed è ormai prossimo anche l’avvio della cassa integrazione straordinaria”, sottolinea il Segretario Generale della Fiom di Bologna Bruno Papignani che segue da tempo la spinosa vicenda e che ha avuto negli ultimi mesi ripetuti colloqui con la proprietà. «La famiglia Malaguti ha detto di non voler più effettuare investimenti da aprile in poi, ma in questo caso andrebbero a cessare tutte le speranze di mantenere aperto lo stabilimento. Come Fiom abbiamo invece chiesto che vengano fatti almeno quegli investimenti necessari per far sì che l’azienda non cessi la produttività, in attesa che arrivi una proposta da parte di un acquirente degno del nome che in ottant’anni ha saputo crearsi la Malaguti». In realtà, almeno per il momento, la ricerca di un possibile acquirente è stato un vero e proprio buco dell’acqua. La due diligence, ammette ancora Papignani, «non ha dato risultati concreti», e così mentre gli operai dell’azienda sono finiti a rotazione in cassa integrazione ormai da due anni, la stessa famiglia ha dovuto ripianare le perdite negli ultimi anni dovute ad una crisi del motociclo che attanaglia anche colossi come la Yamaha.
«Il problema ulteriore — precisa Papignani —, è che per ogni operaio presente nello stabilimento di Castel San Pietro ce ne sono cinque che fanno parte dell’indotto, e dunque la chiusura della Malaguti metterebbe in crisi di fatto mille posti di lavoro prevalentemente nella zona di Imola dove ci sono le aziende artigiane e metal meccaniche che rifornisco di pezzi lo stabilimento castellano».
PER IL 4 marzo è stato fissato un incontro con la Provincia ma, ammette Papignani, «un aiuto concreto bisognerebbe arrivasse più che altro dalla Regione». Il tutto in attesa che arrivi un acquirente economicamente solido in grado di garantire un passaggio di proprietà indolore per i lavoratori dello stabilimento e dell’indotto.