{{IMG}} 2011-10-02
di ENRICO AGNESSI
SONO ARRIVATI da tutta Italia, soprattutto dalle grandi città del nord. Etiopi ed eritrei, 200 in tutto, approdati a Imola per la prima assemblea nazionale dei Testimoni di Geova di lingua amarica e tigrina, gli idiomi parlati nelle due aree dellAfrica orientale. Si sono aggiunti ai circa 1.700 italiani (bambini, giovani, adulti e anziani) che ieri mattina hanno affollato la Sala delle assemblee di via Pastore per il loro annuale incontro di circoscrizione. Una due giorni dal titolo Sia santificato il nome di Dio che ha vissuto uno dei suoi momenti più significativi nella cerimonia del battesimo dei nuovi adepti, che ha riguardato una dozzina di Testimoni di Geova. Tra di loro, anche un etiope. Engheda Scibesci ha 63 anni ed è arrivato apposta da Parma per battezzarsi assieme ai suoi fratelli di fede.
ANCHE per lui, accompagnato fino al bordo della piscina installata allinterno della struttura di via Pastore, limmersione in acqua è totale. «Come appropriato simbolo della pubblica dichiarazione di appartenenza al popolo dei Testimoni di Geova», spiega il ministro del culto, Mario Maggi. A differenza del rito cattolico, infatti, in questa comunità il battesimo rappresenta una scelta «ponderata e individuale, non forzata, quindi incompatibile con lusanza del battesimo dei neonati».Scene di gioia autentica nella sala imolese, tra genitori in lacrime, centinaia di flash impazziti e decine di schermi tv che hanno trasmesso in diretta il battesimo, andato in scena in una piccola saletta interna con annesso spogliatoio. Tutto sotto locchio vigile degli uomini della sicurezza, impegnati a far entrare soltanto i parenti più stretti.«Da alcuni anni racconta Massimiliano Caredda, papà di Davide, 11 anni, anche lui appena battezzato diversi gruppi di Testimoni di Geova italiani delle regioni in cui è più forte la presenza di immigrati dellEtiopia e dellEritrea hanno intrapreso lo studio delle lingue amarica e tigrina. Lo scopo è quello di condividere con questa gioiosa comunità la ricchezza degli insegnamenti biblici, rivolti a persone di ogni razza, cultura ed estrazione sociale. Questa unità fra le razze non è infatti semplice tolleranza superficiale, ma ha profonde radici nei sentimenti dei Testimoni. In un periodo in cui la presenza e linserimento nella società di cittadini extracomunitari nel nostro Paese è un argomento controverso e di scottante attualità, questo congresso offre un esempio di come lapplicazione dei principi biblici permetta di superare ogni barriera linguistica, razziale e sociale».A Imola i Testimoni di Geova italiani sono circa 600, divisi in due congregazioni. A questi si sommano i quasi 200 appartenenti ai gruppi in lingua spagnola, francese e rumena, il più numeroso dei tre. Anche lorgano ufficiale della comunità, La torre di guardia è diffuso in città in circa 6.000 copie.
di ENRICO AGNESSI
SONO ARRIVATI da tutta Italia, soprattutto dalle grandi città del nord. Etiopi ed eritrei, 200 in tutto, approdati a Imola per la prima assemblea nazionale dei Testimoni di Geova di lingua amarica e tigrina, gli idiomi parlati nelle due aree dellAfrica orientale. Si sono aggiunti ai circa 1.700 italiani (bambini, giovani, adulti e anziani) che ieri mattina hanno affollato la Sala delle assemblee di via Pastore per il loro annuale incontro di circoscrizione. Una due giorni dal titolo Sia santificato il nome di Dio che ha vissuto uno dei suoi momenti più significativi nella cerimonia del battesimo dei nuovi adepti, che ha riguardato una dozzina di Testimoni di Geova. Tra di loro, anche un etiope. Engheda Scibesci ha 63 anni ed è arrivato apposta da Parma per battezzarsi assieme ai suoi fratelli di fede.
ANCHE per lui, accompagnato fino al bordo della piscina installata allinterno della struttura di via Pastore, limmersione in acqua è totale. «Come appropriato simbolo della pubblica dichiarazione di appartenenza al popolo dei Testimoni di Geova», spiega il ministro del culto, Mario Maggi. A differenza del rito cattolico, infatti, in questa comunità il battesimo rappresenta una scelta «ponderata e individuale, non forzata, quindi incompatibile con lusanza del battesimo dei neonati».Scene di gioia autentica nella sala imolese, tra genitori in lacrime, centinaia di flash impazziti e decine di schermi tv che hanno trasmesso in diretta il battesimo, andato in scena in una piccola saletta interna con annesso spogliatoio. Tutto sotto locchio vigile degli uomini della sicurezza, impegnati a far entrare soltanto i parenti più stretti.«Da alcuni anni racconta Massimiliano Caredda, papà di Davide, 11 anni, anche lui appena battezzato diversi gruppi di Testimoni di Geova italiani delle regioni in cui è più forte la presenza di immigrati dellEtiopia e dellEritrea hanno intrapreso lo studio delle lingue amarica e tigrina. Lo scopo è quello di condividere con questa gioiosa comunità la ricchezza degli insegnamenti biblici, rivolti a persone di ogni razza, cultura ed estrazione sociale. Questa unità fra le razze non è infatti semplice tolleranza superficiale, ma ha profonde radici nei sentimenti dei Testimoni. In un periodo in cui la presenza e linserimento nella società di cittadini extracomunitari nel nostro Paese è un argomento controverso e di scottante attualità, questo congresso offre un esempio di come lapplicazione dei principi biblici permetta di superare ogni barriera linguistica, razziale e sociale».A Imola i Testimoni di Geova italiani sono circa 600, divisi in due congregazioni. A questi si sommano i quasi 200 appartenenti ai gruppi in lingua spagnola, francese e rumena, il più numeroso dei tre. Anche lorgano ufficiale della comunità, La torre di guardia è diffuso in città in circa 6.000 copie.
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