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di LETIZIA GAMBERINI
UN SORSO di Romagna, recitava una pubblicità di qualche anno fa. Nel caso della ‘Fattoria Monticino Rosso’, verrebbe da dire, un sorso di Francia. Nei vigneti, infatti, la vendemmia non è finita e devono ancora essere raccolti i grappoli di Albana attaccati dalla stessa muffa nobile che Oltralpe contraddistingue il Sauternes. Così sul «cucuzzulo» (come lo chiamano qui) di Montecatone nascono il Codronchio e l’Albana Passito. Ma non c’è dubbio che la ‘Romagnolità’ sia di casa in questa azienda a conduzione familiare, che, avviata nel 1965 nel primo podere Olmo, ne acquisisce anche un secondo, il Monticino Rosso.
In questo momento avviene il passaggio generazionale da papà Antonio ai figli Luciano e Gianni, che portano avanti l’attività su 20 ettari di vigneti, con una produzione di 100/120mila bottiglie l’anno. «Abbiamo dato un nuovo impulso all’azienda — spiega Luciano, che segue anche la parte commerciale —. Da un paio d’anni abbiamo rivoluzionato il modo di ricevere l’uva, dotandoci di apparecchiature che lavorano i grappoli con più rispetto per i chicchi». E in cantina si fanno le cose in grande, visto che stanno per essere ultimati una nuova sala di fermentazione e a una barricaia. «Al posto del tetto, abbiamo una copertura d’erba — continua Luciano —, per impattare ancora meno sull’ambiente». «La verità però — prosegue — è che il vino si fa in vigna, non in cantina». E il bilancio della vendemmia è positivo: «Noi abbiamo già rese basse per grappolo, per cui la siccità non ha cambiato le cose. Abbiamo anticipato i tempi, ma siamo soddisfatti». Nel panorama nazionale, però, il settore sente le difficoltà. «In Italia è una valle di lacrime — considera Luciano —. Un po’ per la crisi della ristorazione, l’aumento dell’Iva e anche l’uso massiccio di alcol test. Non è così che si insegna a bere bene alla gente, ma con l’educazione fin da scuola». All’estero il quadro è diverso: «E’ un mercato fondamentale — racconta Zeoli —, lo dimostrano i miei timbri sul passaporto. Andiamo bene in Germania e (persino, ndr) in Francia. Poi abbiamo cercato nicchie di qualità in Sud Africa, Giappone, Cina e Usa». Molti clienti fanno anche visita in azienda: «I più curiosi? I giapponesi. Fotografano di tutto. Comunque c’è un buon movimento: all’estero l’Emilia-Romagna è poco nota e, nel caso, solo per il Lambrusco. All’ultimo Vinitaly, invece, il padiglione ha avuto un boom di visite». Ma l’attaccemento al territorio è in primo piano; «Abbiamo chiamato il nostro Cabernet Sauvignon ‘Pradello’, l’antico nome del Piratello. Vogliamo trasmetterlo a chi viene da fuori». Dalla cantina esce anche Gianni, alle prese con il rimontaggio (un momento chiave nella fermentazione dei rossi). Ha un momento per spiegare qual è la soddisfazione più grande di questo lavoro: «Quando le persone vengono a trovarci dopo avere assaggiato una nostra bottiglia. Vuol proprio dire che abbiamo trasmesso qualcosa».