2013-11-19
IN CUCINA (e che cucina) volteggiano con rapidità e precisione. E emozionante vedere ai fornelli in contemporanea Valentino Marcattilii e Michael White. Due chef (stellati) al posto di uno. Fresco del riconoscimento Il garganello doro, lallievo di Valentino è stato di nuovo a fianco del maestro per la cena che il ristorante San Domenico ha organizzato domenica sera per festeggiare White e la presentazione del documentario che lo vede protagonista Taste memory. Sono passati ventanni da quel 1993 in cui il giovane americano è arrivato sotto lOrologio. Sarebbe restato per i sette successivi, prima di lanciarsi nellempireo della ristorazione americana e internazionale. «Ho centinaia di persone che lavorano per me», racconta prima di tornare in cucina, ma con una disponibilità e una spontaneità decisamente romagnole. E a Imola infatti torna spesso, e la trova sempre «cambiata, molto pulita. Cè tutto». E con la stessa simpatia risponde alle domande, dallalto della sua imponente presenza. «Se fossi magro, la gente non mi prenderebbe sul serio», ride.
White, come mai ventanni fa scelse di venire proprio a Imola?
«Me ne parlava il mio amico Paul Bartolotta. Volevo viaggiare in Italia e dimostrare ai miei genitori quanto mi impegnassi in questo lavoro. Alla fine sono rimasto tanti anni e lho girata un po tutta».
Per uno chef quindi lItalia resta un battesimo, una tappa fondamentale per diventare stelle in cucina?
«I ragazzi vengono in Italia per imparare e assorbire la cultura molto diversa. Qui cè una qualità della vita incredibile, penso a quei signori che possono trovarsi la mattina sotto lOrologio a parlare di politica. Cè una bella atmosfera, spero ve ne rendiate conto».
Che ci dice dellEmilia Romagna, sanno dovè a New York?
«Sì, ma abbiamo bisogno di farla conoscere molto di più. Dobbiamo ripartire, dobbiamo far tornare i jumbo da New York sulle piste di Bologna».
Una curiosità, ma lei in casa cucina anche cose semplici? Non so, un uovo fritto...
«A casa? Cucina la mugliera».
Letizia Gamberini
IN CUCINA (e che cucina) volteggiano con rapidità e precisione. E emozionante vedere ai fornelli in contemporanea Valentino Marcattilii e Michael White. Due chef (stellati) al posto di uno. Fresco del riconoscimento Il garganello doro, lallievo di Valentino è stato di nuovo a fianco del maestro per la cena che il ristorante San Domenico ha organizzato domenica sera per festeggiare White e la presentazione del documentario che lo vede protagonista Taste memory. Sono passati ventanni da quel 1993 in cui il giovane americano è arrivato sotto lOrologio. Sarebbe restato per i sette successivi, prima di lanciarsi nellempireo della ristorazione americana e internazionale. «Ho centinaia di persone che lavorano per me», racconta prima di tornare in cucina, ma con una disponibilità e una spontaneità decisamente romagnole. E a Imola infatti torna spesso, e la trova sempre «cambiata, molto pulita. Cè tutto». E con la stessa simpatia risponde alle domande, dallalto della sua imponente presenza. «Se fossi magro, la gente non mi prenderebbe sul serio», ride.
White, come mai ventanni fa scelse di venire proprio a Imola?
«Me ne parlava il mio amico Paul Bartolotta. Volevo viaggiare in Italia e dimostrare ai miei genitori quanto mi impegnassi in questo lavoro. Alla fine sono rimasto tanti anni e lho girata un po tutta».
Per uno chef quindi lItalia resta un battesimo, una tappa fondamentale per diventare stelle in cucina?
«I ragazzi vengono in Italia per imparare e assorbire la cultura molto diversa. Qui cè una qualità della vita incredibile, penso a quei signori che possono trovarsi la mattina sotto lOrologio a parlare di politica. Cè una bella atmosfera, spero ve ne rendiate conto».
Che ci dice dellEmilia Romagna, sanno dovè a New York?
«Sì, ma abbiamo bisogno di farla conoscere molto di più. Dobbiamo ripartire, dobbiamo far tornare i jumbo da New York sulle piste di Bologna».
Una curiosità, ma lei in casa cucina anche cose semplici? Non so, un uovo fritto...
«A casa? Cucina la mugliera».
Letizia Gamberini
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