2014-01-19
IL SEGRETO ci deve essere, come nelle migliori ricette. Di questi tempi, infatti, festeggiare trentanni di attività non è un traguardo da poco. «Sa cosè? Ci vuole un fisico bestiale». Ambra Lenini, «ostessa nel sangue», titolare dal 22 gennaio 1984 dellOsteria del Vicolo Nuovo, evidentemente ce lha. Così come la socia Rosa, che dagli anni Novanta condivide lavventura gastronomica e «il furore culinario» che si sprigiona in via Codronchi. Due donne, ma non solo, visto che gran parte dello staff, diciamo pure sette persone su nove, è al femminile.
Ambra, partiamo dallinizio.
«Sono nata qui dietro, in via Callegherie, e fin da piccola avevo le mani in pasta: nelle nostre case si cucinava tutto e sempre. Dopo ragioneria andai a lavorare alla Cefla, ai quei tempi entrare in una cooperativa era una cosa importante. Ma erano anche gli anni Settanta, il fermento era nellaria e lo spirito di cambiamento aiutava a fare passi rischiosi. E così mi ritrovai ai Tre Scalini».
Comera la Imola a tavola allora?
«Il nostro era uno dei primi locali di aggregazione, cerano il Bar Parigi, il bar Centrale. Forse la sera si stava fuori di più... Io ho iniziato con una cucina di casa, ma con la ricerca di nuovi ingredienti».
Nel 1984 ecco la sua osteria.
«Mi sono subito concentrata sul vino di qualità, abbinato a qualche piatto e a salumi. Sono partita con una carta importante e nel 1990 ho iniziato il corso da sommelier. In quellanno è anche arrivata Rosa, che prima aveva un negozio di alimentari».
Negli anni Novanta vi ha anche scoperto Slow Food.
«Sì, abbiamo ricevuto la chiocciola dal 1993 ininterrottamente. Sul libro Le osterie dItalia ci chiamano Losteria delle donne.
E comè la cucina al femminile?
«Concreta. Le donne sono più brave, perché noi iniziamo fin da piccole, mentre gli uomini imparano solo da grandi. Per questo io in cucina ho sole cuoche donne».
Ma gli chef stellati sono uomini.
«Perché la cucina è diventata uno spettacolo: bisogna andare in tv e allontanarsi da casa. Una donna come fa? Quella del ristoratore è una vita di sacrifici, di orari che non esistono. Noi ristoratori siamo artigiani e ogni piatto è un patrimonio del territorio. Noi donne facciamo una cucina meno appariscente, non acrobatica».
Però lei è amica del noto giudice di Masterchef Bruno Barbieri.
«Ecco, appunto. Quale donna può fare la vita che fa lui?».
Forse lo show ha fatto bene al settore...
«Oggi si sa che andare al ristorante non è solo riempirsi la pancia. E anche accoglienza e ospitalità: che qui da noi sono armi vincenti. Comunque a Imola cè una ristorazione interessante. Pensiamo al San Domenico: abbiamo superato le solite tagliatelle».
Con Valentino vi scambiate ricette?
«Qualcuna me lha insegnata, lo conosco da quando è ragazzo».
A proposito di città; qui vicino non cè più il tribunale e la gente può spendere sempre meno...
«In generale le persone hanno ridotto la pausa pranzo: da noi resiste il piatto unico, una mia intuizione degli anni Ottanta. Il bere sì, è davvero precipitato».
E come promozione del territorio? Si può fare di più?
«Dalla città abbiamo riscontri positivi, ma non possiamo vivere solo di questo. Quando nacque la Strada dei vini e dei sapori Colli di Imola si organizzavano molte cose, ma ora mi sembra tutto un po fermo».
Qui saranno passati tanti politici. Cosa pensa degli attuali?
«Mi sembra che ci sia un momento di crisi generale. E che la sinistra si sia un po seduta. Io comunque ho sempre trovato disponibilità al dialogo da parte del Comune».
E fra la galleria di volti noti passati di qui? Chi le viene in mente?
«Schumacher. Arrivò nel 1994, era un ragazzino. E non è vero che è antipatico».
Torniamo in cucina.
«Scelgo solo prodotti di stagione. Alle 8.30 arrivo in osteria con la spesa già fatta. Trovo molto intriganti le verdure, le zucche, i porri. Le paste. Anche se il trionfo da noi è con i dolci».
Un piatto del cuore?
«Il profumo del brodo. La mia è una cucina di ricordi, ma sempre con ricerca. Leggo molto e giro molto. E conosco tanti chef».
Negli anni Settanta si poteva cambiare, oggi a un giovane cosa direbbe?
«Se ci mette molto impegno ce la può ancora fare. Ma sapendo bene cosa offrire».
Letizia Gamberini
IL SEGRETO ci deve essere, come nelle migliori ricette. Di questi tempi, infatti, festeggiare trentanni di attività non è un traguardo da poco. «Sa cosè? Ci vuole un fisico bestiale». Ambra Lenini, «ostessa nel sangue», titolare dal 22 gennaio 1984 dellOsteria del Vicolo Nuovo, evidentemente ce lha. Così come la socia Rosa, che dagli anni Novanta condivide lavventura gastronomica e «il furore culinario» che si sprigiona in via Codronchi. Due donne, ma non solo, visto che gran parte dello staff, diciamo pure sette persone su nove, è al femminile.
Ambra, partiamo dallinizio.
«Sono nata qui dietro, in via Callegherie, e fin da piccola avevo le mani in pasta: nelle nostre case si cucinava tutto e sempre. Dopo ragioneria andai a lavorare alla Cefla, ai quei tempi entrare in una cooperativa era una cosa importante. Ma erano anche gli anni Settanta, il fermento era nellaria e lo spirito di cambiamento aiutava a fare passi rischiosi. E così mi ritrovai ai Tre Scalini».
Comera la Imola a tavola allora?
«Il nostro era uno dei primi locali di aggregazione, cerano il Bar Parigi, il bar Centrale. Forse la sera si stava fuori di più... Io ho iniziato con una cucina di casa, ma con la ricerca di nuovi ingredienti».
Nel 1984 ecco la sua osteria.
«Mi sono subito concentrata sul vino di qualità, abbinato a qualche piatto e a salumi. Sono partita con una carta importante e nel 1990 ho iniziato il corso da sommelier. In quellanno è anche arrivata Rosa, che prima aveva un negozio di alimentari».
Negli anni Novanta vi ha anche scoperto Slow Food.
«Sì, abbiamo ricevuto la chiocciola dal 1993 ininterrottamente. Sul libro Le osterie dItalia ci chiamano Losteria delle donne.
E comè la cucina al femminile?
«Concreta. Le donne sono più brave, perché noi iniziamo fin da piccole, mentre gli uomini imparano solo da grandi. Per questo io in cucina ho sole cuoche donne».
Ma gli chef stellati sono uomini.
«Perché la cucina è diventata uno spettacolo: bisogna andare in tv e allontanarsi da casa. Una donna come fa? Quella del ristoratore è una vita di sacrifici, di orari che non esistono. Noi ristoratori siamo artigiani e ogni piatto è un patrimonio del territorio. Noi donne facciamo una cucina meno appariscente, non acrobatica».
Però lei è amica del noto giudice di Masterchef Bruno Barbieri.
«Ecco, appunto. Quale donna può fare la vita che fa lui?».
Forse lo show ha fatto bene al settore...
«Oggi si sa che andare al ristorante non è solo riempirsi la pancia. E anche accoglienza e ospitalità: che qui da noi sono armi vincenti. Comunque a Imola cè una ristorazione interessante. Pensiamo al San Domenico: abbiamo superato le solite tagliatelle».
Con Valentino vi scambiate ricette?
«Qualcuna me lha insegnata, lo conosco da quando è ragazzo».
A proposito di città; qui vicino non cè più il tribunale e la gente può spendere sempre meno...
«In generale le persone hanno ridotto la pausa pranzo: da noi resiste il piatto unico, una mia intuizione degli anni Ottanta. Il bere sì, è davvero precipitato».
E come promozione del territorio? Si può fare di più?
«Dalla città abbiamo riscontri positivi, ma non possiamo vivere solo di questo. Quando nacque la Strada dei vini e dei sapori Colli di Imola si organizzavano molte cose, ma ora mi sembra tutto un po fermo».
Qui saranno passati tanti politici. Cosa pensa degli attuali?
«Mi sembra che ci sia un momento di crisi generale. E che la sinistra si sia un po seduta. Io comunque ho sempre trovato disponibilità al dialogo da parte del Comune».
E fra la galleria di volti noti passati di qui? Chi le viene in mente?
«Schumacher. Arrivò nel 1994, era un ragazzino. E non è vero che è antipatico».
Torniamo in cucina.
«Scelgo solo prodotti di stagione. Alle 8.30 arrivo in osteria con la spesa già fatta. Trovo molto intriganti le verdure, le zucche, i porri. Le paste. Anche se il trionfo da noi è con i dolci».
Un piatto del cuore?
«Il profumo del brodo. La mia è una cucina di ricordi, ma sempre con ricerca. Leggo molto e giro molto. E conosco tanti chef».
Negli anni Settanta si poteva cambiare, oggi a un giovane cosa direbbe?
«Se ci mette molto impegno ce la può ancora fare. Ma sapendo bene cosa offrire».
Letizia Gamberini
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