Imola, 24 aprile 2014 - UN BOATO poi la distruzione, dei corpi e nell’anima di coloro che sono rimasti. Il suo nome — Maria Luigia Morini, imolese — è associato a una delle pagine nere della storia d’Italia. Morì a 45 anni per la bomba sul rapido 904, il 23 dicembre 1984; l’imolese è una delle 16 vittime della cosiddetta ‘Strage di Natale’ ed era la sorella di Gianluigi, storico fondatore del rinomato ristorante San Domenico. Ora il suo nome, come quello degli altri passeggeri scomparsi quella sera nella grande galleria dell’Appennino, sulla linea Napoli-Milano, tornerà protagonista in un’aula di tribunale.

IL 13 MAGGIO, in aula bunker, secondo quanto stabilito dal Tribunale di Firenze, si terrà l’udienza preliminare per il capo di Cosa Nostra Totò Riina, accusato di essere il «mandante, determinatore e istigatore della strage» del rapido 904. Il boss potrà partecipare alle udienze — ne è già stata fissata una seconda per il 17 giugno — in collegamento video. Nel trentennale della strage, la verità giudiziaria su quell’episodio potrebbe ampliarsi di nuovi tasselli, nonostante le sentenze di condanna già passate in giudicato dell’ex capo del mandamento palermitano di Porta Nuova Pippo Calò, dei suoi sodali Guido Cercola e Franco Di Agostino e dell’artificiere tedesco Friedrich Schaudinn. C’è di più: la decisione del premier Renzi di declassificare gli atti relativa a quella e ad altre stragi renderà finalmente fruibili ai familiari delle vittime (e a ogni cittadino) le carte e i documenti che non sono mai entrati a far parte del fascicolo giudiziario.

Il nome di Riina — difeso dall’avvocato Luca Cianferoni — è entrato nell’inchiesta nel 2010, quando, sulla base di nuove testimonianze di pentiti di camorra e Cosa nostra, i magistrati della Dda di Napoli riaprirono le indagini,poi trasferite per competenza a Firenze. Secondo la ricostruzione dei pm campani, la Strage di Natale fu la prima risposta ai mandati di cattura relativi al maxi processo ed è collegata agli attentati degli anni Novanta: dalle consulenze tecniche è emerso che il materiale usato per il Rapido 904 - esplosivo e congegni elettronici - è lo stesso utilizzato «poi, in parte, anche nelle successive stragi degli anni ‘90’», come quella di via D’Amelio.

IL 23 DICEMBRE 1984, Maria Luigia Morini stava rientrando in città da Firenze dove lavorava come vigilatrice d’infanzia quando la sua vita si è spezzata nella galleria appenninica di Vernio. Doveva tornare nella sua città d’origine dove l’attendevano per le festività natalizie i suoi cari. Un domani, raggiunta la pensione, sarebbe tornata stabilmente a Imola. Non era sposata, ma quella sera Maria Luigia si attardò per acquistare due doni di Natale per le nipoti, le figlie di Gianluigi. E prese il treno dopo.

Cristina Degliesposti