3elle, i soci costretti a versare le quote alla coop ormai decotta

Sono una cinquantina i lavoratori che devono ancora finire di pagare

Lavoratori all'interno di un'azienda di infissi

Lavoratori all'interno di un'azienda di infissi

Imola (Bologna), 14 novembre 2014 - In 3Elle, come in Cesi, il capitale sociale è andato perso. E’ un capitale di rischio, è vero, i soci-lavoratori compartecipano al sostegno finanziario dell’azienda, come veri e propri azionisti, nel bene e nel male. Ma anche nella sfortuna – Cesi, coop edile, è in liquidazione coatta amministrativa, 3elle, coop di serramenti, ha chiesto il concordato preventivo – c’è chi sta peggio di tutti e in questo caso sono i lavoratori 3elle. Un passo indietro. Il capitale sociale viene sottoscritto dai lavoratori una volta che la loro domanda per diventare socio viene accolta. Si impegnano per una determinata somma, ma non è detto che venga versata dai singoli in una soluzione unica. Lo si può pagare anche, diciamo, a rate, perché difficilmente i singoli sono capaci di versare subito somme di 40mila euro o più.

Ma quando un’azienda va in procedura (liquidazione o concordato) che fine fanno le somme del capitale sociale che devono ancora essere versate? Vanno versate, punto, anche se il lavoro e l’azienda non ci sono più. Come le rate di un’auto andata distrutta per causa del proprietario. I lavoratori, formalmente, si sono impegnati a garantire certe somme (in 3elle, in media, 45mila euro a testa) e hanno sottoscritto un contratto che i curatori, di norma, chiedono di onorare. In Cesi solo solo 10 soci (su 345) a dover ancora completare i versamenti e all’appello mancano 18mila euro. In 3elle? Il dato non è certo e secondo fonti sindacali si tratta di una cinquantina (su 149), ma in questo caso le somme sono importanti. Nell’ultimo bilancio depositato (il 2012, perché il 2013 deve ancora essere approvato) il capitale sociale sottoscritto ammontava a 6,8 milioni mentre quello realmente versato era 6,4. Nel 2013, poi, in 3elle è stato fatto anche un nuovo socio, a fine anno, come da prassi, entrato nella compagine della coop nel 2014. Ha versato solo una rata, da 4.500 euro e dovrà continuare a pagare, fino a raggungere i 45mila, negli anni a venire. Una disfatta, per chi il lavoro l’ha pure perso. «A tutti i nuovi soci sono state ampiamente spiegate le condizioni di sottoscrizione della quota sociale», è la precisazione del presidente di 3elle, Tiziano Borghi.

L’altro nodo su cui si sta dibattendo e che è emerso nell’assemblea dei soci di martedì sera, è quale forma dare alla nuova società che, se otterrà in affitto un ramo d’azienda, potrà continuare a esistere. Coop o società di capitale? La newco 5elle (società di capitale) al momento è capitalizzata con un milione di euro di Asscooper, ma potrebbero entrare tra i soci anche Coopfond, il fondo del movimento cooperativo per le start-up e i lavoratori che, in questo caso, dovrebbero però costituirsi in una società socia di 5elle e versare capitale sociale (5-8mila euro).

La seconda alternativa è di creare da zero una coop: Asscooper e il suo milione di euro potrebbero continuare a esserci, Coopfond pure e così pure i soci-lavoratori direttamente, sempre versando una quota. Con una ‘possibilità’ in più, prevista dalla legge Marcora: devolvere, in una soluzione unica, nel capitale sociale tutto il ‘pacchetto’ di ammortizzatori – in questo caso anche tre anni di mobilità – che i singoli avrebbero ricevuto dalla chiusura di 3elle. ma ovviamente si tratta di devolvere anni di mobilità sicura, nell’ennesimo capitale di rischio. Martedì, però, in commissione, lo stesso presidente di Legacoop Domenico Olivieri aveva ribadito come «in tutte le start-up in cui viene chiesto un contributo al movimento cooperativo si chiede ai lavoratori una partecipazione». Un esempio? La Greslab di Scandiano del settore ceramico: nel 2011 i dipendenti della società di capitale in fallimento la rilevarono come cooperativa, mettendoci le somme ricevute come ammortizzatori.