Uccisa dal cancello a 6 anni, l'amico: "Ho costruito una trappola"

L’amaro sfogo di Galassi, nonno del bambino ferito

Il cancello che ha ucciso la bimba

Il cancello che ha ucciso la bimba

Imola, 26 agosto 2015 - «Mi sento come se avessi costruito una trappola. Quando troverò il coraggio, e qualcuno che mi accompagna, andrò a fare visita ai genitori di Elena». Parole, quelle pronunciate da Marco Galassi, che hanno l’amarissimo sapore di un mea culpa. Per aver contribuito a realizzare senza terminare il montaggio del cancello della propria casa, in via Ferra a Casola Canina. Un cancello che si è rivelato davvero una trappola mortale per la piccola Elena Spisni, 6 anni, deceduta lunedì scorso, nel tardo pomeriggio, dopo che quella pesante inferriata le è caduta addosso (FOTO). A nulla è valsa la folle corsa all’ospedale Santa Maria della Scaletta: il cuore della bambina ha smesso di battere in ambulanza.

La piccola stava giocando con la sorella più grande e altri due amichetti (i nipoti di nonno Galassi) nel cortile dell’abitazione, mentre i genitori, mamma Gabriella e papà Claudio, erano andati a salutare i fratelli Galassi, amici da molti anni. Probabilmente, anche per la vicinanza di casa, visto che la famiglia Spisni abita a pochi chilometri di distanza, in via Casola Canina.

Ma non si è trattato di un semplice e veloce saluto: «Tutti gli adulti infatti erano nel retro dell’abitazione, dove si trova la nostra azienda vitivinicola, intestata ancora a nostro padre, deceduto tempo fa» prosegue Marco Galassi nel suo racconto. I coniugi Spisni pare aiutassero i loro amici in una qualche lavorazione. A un certo punto la sorella maggiore e uno degli amichetti sono rientrati in casa. Poi, all’improvviso, «ho sentito qualcuno urlare e tutti intorno sono spariti – continua, con gli occhi lucidi e la voce rotta dal pianto il nonno –. I miei nipoti giocavano sempre in cortile con Elena. Era come se fosse mia figlia. Una bambina dolce e carinissima. Non ho mai pensato che potesse succedere una cosa simile». E’ lui stesso a raccontare che «il cancello è stato montato, mesi fa, ma mai fissato. Lo sapevamo tutti, anche i genitori di Elena, che non era ancora un lavoro finito». In pratica, secondo quanto spiega l’uomo, se qualcuno apre il cancello, essendo a scorrimento monorotaia, una volta fuori dai binari non c’è nessun fermo che lo blocca. Così cade. E sotto c’era la piccola Elena, le cui forze nulla hanno potuto contro quell’enorme peso piombatole addosso.

La bimba frequentava le scuole Marconi di Imola e a settembre avrebbe dovuto cominciare la seconda elementare. «Classe 2A», ricorda la dirigente scolastica Ernestina Spiotta. Da poco aveva iniziato a praticare sport, in particolare pallavolo insieme con la società Diffusione Sport. «Ha cominciato subito dopo il periodo natalizio, seguendo la sorella più grande che già frequentava la palestra» dichiara Pasquale De Simone, presidente di Diffusione Sport. Che la descrive come «una bambina appassionata, entusiasta, espansiva, che voleva partecipare a tutte le feste di mini volley. Anche per noi è stato uno choc – conclude –, non si riesce a spiegare come possano succedere certe cose. Ci stringiamo alla famiglia. Faremo di tutto per fare trovare alla sorella, qualora decidesse di tornare, un ambiente sereno e tranquillo».

 

Aggiornamento. Avranno 60 giorni di tempo per depositare le loro conclusioni i consulenti tecnici nominati dalla Procura di Bologna, incaricati di far luce sul caso di Elena Spisni. Oltre ad un medico legale per l'autopsia, il pm Domenico Ambrosino ha conferito l'incarico all'ingegner Mattia Strangi, che dovrà verificare la conformità normativa del cancello e accertare per quale motivo sia caduto addosso alla bambina e ad un amichetto di 5 anni, rimasto ferito.