Giovedì 18 Aprile 2024

Il Babau a sinistra

Andrea Cangini

IL RAS di Ceppaloni andava bene, lo statista di Fivizzano, a quanto pare, no. Suona dunque come un’incongruenza, e persino un’ingiustizia, l’ostracismo della sinistra Pd nei confronti di Denis Verdini dopo che grazie ai voti in parlamento di Clemente Mastella Massimo D’Alema poté finalmente coronare il sogno di farsi premier senza il fastidio di coinvolgere gli elettori. Dopo che, con le primarie del 2005, Clemente Mastella poté candidarsi nientemeno che alla guida del centrosinistra (allora, contro ogni evidenza, chiamato ‘Unione’). Dopo che, con Prodi premier, Clemente Mastella divenne persino ministro della Giustizia. Finché è servito a D’Alema, a Bersani e a Veltroni, Mastella andava bene. Andavano bene i voltagabbana che, folgorati sulla via del governo, del sottogoverno, delle giunte regionali e dei consigli comunali, abbandonavano Berlusconi. Andava bene, anzi benissimo, la presenza di un partitino centrista con cui allearsi sottraendo di conseguenza un pugno di voti potenzialmente decisivo al centrodestra. Ora però che ad aver bisogno di un amico centrista è Matteo Renzi, D’Alema arriccia il naso e Bersani chiama allarmato il 113 denunciando la presenza di «Denis Verdini nel giardino di casa mia». 

GIARDINO un tempo rigoglioso e affollato; oggi, invece, arido e spopolato. Non c’è questione identitaria e tantomeno principio morale che tengano: se premier fosse D’Alema, Verdini verrebbe promosso al rango di ‘costola della sinistra’ così come accadde alla Lega, ancora secessionista, di Umberto Bossi. Ma essendo premier Renzi, il Verdini è un perfetto babàu: un mostro che spaventa i bambini, un corruttore di anime belle.

INTENDIAMOCI , c’è del vero. Quando la folta e laccata chioma di Denis Verdini ancora non compensava ufficialmente la pelata di Silvio Berlusconi, ma gli olfatti più raffinati già ne avvertivano il profumo nell’area del potere, chiesi a Francesco Cossiga cosa sapesse di questo toscanaccio con tutta evidenza destinato a conquistare la prima fila. «Mi dicono sia bravo negli affari», fu la risposta. Risposta lapidaria. È questo, in effetti, che Denis Verdini meglio sa fare: gestire il potere. E di gente così i leader politici hanno sempre bisogno. Ne ha bisogno anche Matteo Renzi, che arruolando in Parlamento Verdini e la sua variopinta legione straniera può marginalizzare i senatori della sinistra Pd. Ed è per questo, non per altro, che la sinistra Pd fa fuoco e fiamme.

SI DIRÀ che Berlusconi ha fatto bene ad avvalersi dei servigi di un Verdini, ma male ha fatto ad affidargli il controllo del partito. Ed è vero. Si dirà che Verdini è oggi forte in Parlamento, ma inconsistente nel Paese. Ed è vero. È vero perché, a differenza di Mastella, Verdini non ha radicamento territoriale né voti propri. Non ancora, almeno. Se ne possono dire di cotte e di crude, su Denis Verdini. Lo possono fare tutti. Tutti tranne l’attuale minoranza del Pd, che quand’era maggioranza fu ben lieta di aprire il giardino di casa a Clemente Mastella, agli ‘straccioni’ di Francesco Cossiga, al fascista ciociaro Roberto Misserville. L’uomo che di Massimo D’Alema disse: «Mi ricorda Almirante». Fu dunque salutandolo romanamente che, avendo bisogno del suo voto in parlamento, il premier coi baffi lo arruolò come sottosegretario. Il sottosegretario fascista del primo, ed ultimo, governo guidato in Italia da un ex comunista.