La dignità dei deboli

LA SVOLTA di Silvio Berlusconi in favore di Alfio Marchini va ben al di là della «questione romana». Marchini è infatti il terminale di un filo partito da Venezia con Luigi Brugnaro, arrivato a Milano con Stefano Parisi e ora sceso fino a Roma con un altro imprenditore amante della politica, ma estraneo al gioco dei partiti. Alle soglie degli ottant’anni e dopo avere dominato con sorti alterne vent’anni di politica italiana, a Berlusconi si chiedeva il rinnovamento. In questo senso, comunque vadano le elezioni amministrative, l’asse Parisi-Marchini lo rappresenta. Non a caso Brugnaro è entusiasta della scelta romana. Matteo Salvini ha una formidabile capacità comunicativa e Giorgia Meloni è il volto più giovane ed efficace della nuova Destra italiana. Se ne comprende la furiosa reazione a caldo, ma sarebbe ben curioso se due politici di lungo corso – nonostante l’età – si fossero davvero aspettati un allineamento passivo del del Cavaliere alle loro posizioni.

UN PAGGIO che avrebbe dovuto reggere lo strascico della sposa un passo indietro rispetto alla nuova coppia. Forz a Italia è al massimo storico di debolezza e al minimo storico di voti. Ma anche i deboli hanno una loro dignità, soprattutto quando sono stati forti e hanno impresso alla politica italiana una svolta che – piaccia o no – ha imposto il bipolarismo a un Paese che sembrava rassegnato a diventare una lunga Emilia Romagna politica. Berlusconi doveva decidere se restare nel popolarismo europeo o venirne espulso. Dalla Spagna alla Gran Bretagna, dalla Francia alla Germania all’Austria popolari e conservatori sono alternativi alle Destre. La storia italiana è diversa. In nessun Paese europeo un ciclone giudiziario come Mani Pulite ha spazzato via in due anni cinque partiti che avevano governato per cinquant’anni. L’astuta alchimia del ’94 (Lega al Nord, An al centro sud) servì a Berlusconi per sdoganare partiti che fino a poco prima erano su posizioni estreme. Senza quella storia, oggi Salvini e Meloni forse non ci sarebbero. Si capiscono perciò alleanze che all’estero non esistono e che Lega e Fratelli d’Italia sbaglierebbero a rinnegare alle prossime politiche. Ma se il tavolo si ribalta, se il Centro-Destra diventa Destra- Centro, il Centro rischia di perdere qualunque valore. Se Berlusconi non può reggere lo strascico nuziale della Meloni nelle sue nozze con Salvini, non può certo reggere nemmeno quello di Renzi sposato con Alfano. Per raccogliere consensi alle elezioni politiche, i partiti devono avere una loro autonoma riconoscibilità. Il Patto del Nazareno ha senso come alleanza riformatrice, non come alleanza elettorale. Se un partito debole si allea con uno più forte sposandone la linea politica, l’elettore voterà quello più forte. Nel 1976 il segretario del Psi De Martino disse alla vigilia delle elezioni politiche che si sarebbe alleato sempre e solo con il Pci di Berlinguer. Tra i due, gli elettori di sinistra scelsero Berlinguer, il Psi crollò e De Martino cedette il posto a Craxi. La democrazia italiana ha bisogno che alle prossime elezioni politiche si confrontino due forti schieramenti alternativi di centrosinistra e di centrodestra in grado di fronteggiare alla pari il Movimento Cinque Stelle. Le Grandi Coalizioni (oggi in Germania, domani forse in Spagna) si fanno dopo le elezioni, non prima.