Caso Mercatone Uno, "L’investitore è interessato a 50 negozi: ma anche gli altri possono salvarsi"

Parla l’ex presidente Servadei, decaduto con l’amministrazione straordinaria speciale

Servadei

Servadei

Imola, 10 aprile 2015 - «Il ricorso all’amministrazione straordinaria speciale non è stato affatto un cambio di strategia: quell’opzione era già prevista nel ricorso presentato il 19 gennaio al Tribunale per l’ammissione alconcordato preventivo». Vuol mettere subito in chiaro le cose l’ormai ex presidente di Mercatone Uno, Alessandro Servadei. All’indomani dell’ufficializzazione dell’amministrazione straordinaria speciale aperta per la catena di negozi (79) di mobili ed elettrodomestici, restano i numeri a segnare la fine di una delle avventure imprenditoriali più importanti d’Italia: 3.700 dipendenti tra sede e punti vendita, 425 milioni di euro di debiti verso soggetti esterni, per la metà banche, un indebitamento infragruppo che sale a oltre 700 milioni e circa 3mila creditori.

Numeri immutati rispetto al concordato, ma la strategia sì. Perché?

«Non ci sono stati mutamenti, nemmeno a partire dalla procedura di ristrutturazione (ex art. 67) che aveva tutti gli elementi per funzionare, compresa la previsione non ottimistica di altri due anni di perdite. Purtroppo però, da settembre, i consumi, secondo i dati ministeriali, si sono assestati sui valori del 1959. Da qui la richiesta di concordato di gennaio, dove scrivevamo in premessa che si sarebbe concluso positivamente se si fosse appalesato un investitore nel giro di due mesi».

In passato si era detto che, anche senza nuovi partner, i soci storici sarebbero andati avanti comunque da soli. Cos’è cambiato?

«Non ci sono i tempi. Andare avanti da soli comporta un’iniezione di liquidità e non avevamo i tempi tecnici per andare a ridiscutere con le banche. C’è un investitore che formalizzerà la proposta entro il mese, l’abbiamo comunicato al Ministero come anche la sua identità».

Questo nuovo investitore quando è comparso?

«Una settimana dopo l’apertura del concordato, per la prima volta, mentre c’erano state altre due

manifestazioni d’interesse, poi decadute, di soggetti che si erano già fatti avanti nel 2012. L’investitore è interessato a mantenere il marchio e tra i 40 e i 50 punti vendita, lo sta ancora valutando più la sede a Imola. Inoltre vuole acquisire la società E’ Oro delle gioiellerie».

E i 34 negozi che sono in svendita promozionale fino al 27 come San Giorgio di Piano?

«Sono sostanzialmente quelli non d’interesse per l’investitore, ma avevamo pensato di tenerli in vita con formule commerciali particolari perché ci sono oltre una decina di soggetti interessati a comprare singoli punti vendita o più d’uno. Si tratta di altre grandi catene, anche della distribuzione organizzata, che trattano superifici commerciali di quelle dimensioni. Dai nostri conti tutti e 79 negozi, salvo uno o due, possono trovare un nuovo proprietario e con loro anche i dipendenti».

Il 1° aprile avete saltato l’incontro al Ministero coi sindacati consci di chiedere poi l’amministrazione straordinaria, perché non l’avete comunicato?

«Ci sono fasi in cui occorre privilegiare i tempi della procedura anziché le comunicazioni. Dispiace che in questi mesi ci siano stati corto circuiti comunicativi, ma i dipendenti hanno sempre ricevuto la miglior tutela possibile e la legge Marzano garantisce tempi e ammortizatori i più ampi possibili».